Verbania in soccorso delle Pmi

Distretti – La Provincia studia un sostegno finanziario pubblico per fermare l’emorragia di aziende e favorire le aggregazioni

Il Sole 24 Ore
12 Ottobre 2010
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VERBANIA – La chiusura della Acetati, che occupa 120 addetti nel cuore di Verbania, è solo l’ultima di una serie destinata ad allungarsi. Franco Franzi, assessore provinciale al Lavoro del Vco (Verbano Cusio Ossola), afferma infatti che i lavoratori a rischio nelle industrie della provincia piemontese sono almeno 1.200, su una popolazione complessiva di 160mila abitanti. La Acetati, ricorda Franzi, avrebbe dovuto chiudere definitivamente i cancelli a fine settembre, poi alcune commesse cinesi hanno consentito di prolungare l’agonia sino a fine anno ma l’attività potrebbe prolungarsi ancora per un paio di mesi. «In ogni caso – precisa l’assessore – non esistono prospettive di salvataggio e di rilancio: l’azienda si trasferirà nel parco tecnologico di Tortona e cambierà settore di attività, perché nel petrolchimico non c’è futuro». Meglio dunque, per l’Acetati, dedicarsi alla produzione di benzina “verde” nel sud del Piemonte. Meglio forse anche per Verbania, considerando che la Acetati è sorta alla fine degli Anni 20 in un terreno che all’epoca era al di fuori della città, ma che ora si trova nel cuore di Verbania, con problemi di inquinamento per un’area a forte vocazione turistica. «La proprietà – aggiunge Giovanni Ceniti, di Cpi Verbania – non aveva pagato il terreno dove è sorta la fabbrica, come emerge da un documento del 1928 che prevedeva il pagamento solo in caso di chiusura dello stabilimento, e ora l’azienda dovrebbe perlomeno farsi carico dei costi della bonifica dell’area. Ma bisogna pensare anche alle famiglie dei lavoratori che perderanno il posto e dei 50 dell’indotto». Tutti con scarse possibilità di reimpiego. Perché – assicura Franzi – troppe aziende del Vco non hanno ammodernato gli impianti e si trovano ora con un apparato industriale vecchio, non in grado di affrontare le nuove sfide: «Dalla chimica alle acciaierie, alle legatorie, siamo in una situazione di marginalità, per questo pensiamo ad un sostegno finanziario pubblico, temporaneo, per le imprese che vogliono rilanciarsi e investire nel nostro territorio». Una sorta di Gepi, insomma, che favorisca anche le aggregazioni tra piccole aziende di qualità come quelle che, ad esempio, operano nelle forniture per l’aeronautica. «Ma gli investimenti – precisa Ceniti – devono essere concentrati sul territorio, non utilizzati per aprire stabilimenti all’estero». L’obiettivo, dunque, è la riconversione industriale. Abbandonando settori maturi o, comunque, puntando sull’innovazione e le tecnologie d’avanguardia. «Anche nel comparto dei casalinghi – afferma l’assessore – è possibile pensare ad un rilancio. Che passi attraverso lo stile, la qualità». Partendo da marchi come Alessi, come Lagostina (ceduta ai francesi), Bialetti che ha incorporato Girmi e ha delocalizzato, Calderoni. Intervenendo anche sulla localizzazione delle industrie. Perché sui laghi c’è spazio solo per il turismo che occupa, nel pieno della stagione, 5.800 addetti e poco più di 4mila in bassa stagione. Ma anche il turismo deve cambiare, con la programmazione di eventi culturali in grado di attirare un pubblico diverso, più selezionato. Ma serve una formazione più mirata ed accurata. Formazione per l’accoglienza, ma anche per gli oltre 4.500 frontalieri che ogni giorno vanno a lavorare in Svizzera, al di là delle polemiche degli ultimi tempi. Franzi sostiene che ormai nella vicina Confederazione non c’è più posto per i lavoratori generici, dunque è indispensabile accrescere la professionalità.

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