Nel nostro Paese ci sono leggi che hanno istituito enti pubblici di varia natura che ci consegnano una fotografia del sistema istituzionale disordinata, contraddittoria, inefficiente e costosissima. Sono stati tanti i tentativi nelle legislature che hanno provato a invertire la rotta semplificando, tagliando enti e poltrone, cercando di riportare ordine, efficienza ed economicità. Purtroppo questi tentativi hanno fallito perché non erano frutto di un disegno strategico. Un’azione di riordino istituzionale non è più rinviabile e va realizzata tenendo distinti gli obiettivi economici da quelli amministrativi e istituzionali. Il nostro Paese non ha bisogno di Comuni, Province, città metropolitane, Regioni, unioni di comuni, Comunità montane, consorzi di bonifica, bacini imbriferi, aziende speciali, consorzi obbligatori, società pubbliche, circoscrizioni, prefetture, magistrati delle acque, autority, agenzie nazionali e regionali, comunità isolane, eccetera. L’Italia ha bisogno di chiarire come intende esercitare le funzioni pubbliche ridefinendo i compiti di ognuno. Anche l’operazione sulle Province, annunciata più volte e praticata dal decreto “salva Italia”, rischia di essere un boomerang e non un disegno istituzionale chiaro e ambizioso. L’effetto è quello di generare un’ulteriore confusione e forme di contenzioso interistituzionale. Sarebbe necessario operare le scelte normative dentro un quadro predefinito, condiviso, con l’obiettivo di ridisegnare l’apparato amministrativo e se necessario operare anche scelte drastiche di modifica dell’articolo 114 della Costituzione di eliminazione di livelli di governo. Dentro ogni confine amministrativo, per ogni procedimento deve essere chiarito quale è l’ente competente ad adottare il provvedimento senza possibilità di ammettere deroghe o sovrapposizioni. Dal 1997 è stato istituito lo sportello unico che paradossalmente è l’esempio più evidente di quanto farraginoso e complicato sia il sistema amministrativo del Paese. Il Codice delle autonomie può essere il luogo nel quale rifondare la rappresentanza territoriale cercando di non confondere la vita democratica delle comunità locali, che va salvaguardata, con le articolazioni amministrative della Pa, che vanno ridotte. In attesa di una modifica Costituzionale, si potrebbe ripartire proprio dall’articolo 114, stabilendo un nesso democratico e funzionale fra Comuni e Province, come proposto dall’Anci, eliminando gli enti intermedi. Vietare alle Regioni di gestire centri di spesa. Solo dopo questo primo step si potrà lavorare in ogni singola Regione a intese per approvare dei piani istituzionali con l’obiettivo di stabilire di quali enti intermedi quel territorio ha bisogno. Si potrà poi aprire il capitolo dei costi. Un capitolo che sarà ispirato a logiche di risparmio, che non potrà non avere una clausola di chiusura: nessun ente dovrà avere costi connessi al funzionamento degli organi superiori a una percentuale fissata dal Parlamento.
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