L’Unione dei segretari comunali e provinciali deve essere ammessa a partecipare alle trattative per il rinnovo dei contratti collettivi nazionali di lavoro ed è stata illegittima la sua esclusione. Anche se l’intesa contrattuale è stata firmata e non viene rimessa in discussione, occorre darle questo riconoscimento. In mancanza di tale accreditamento infatti questa organizzazione potrebbe vedere diminuire i propri iscritti e, per questa ragione, sussistono le condizioni per un intervento urgente. Possono essere così riassunte le principali indicazioni contenute nella ordinanza 18 febbraio n. 42608 con cui la seconda sezione del Tribunale del Lavoro di Roma ha accolto il ricorso contro il provvedimento assunto in via d’urgenza dallo stesso Tribunale con cui era stata accolta la tesi Aran della non rappresentatività di tale organizzazione sindacale. Come evidenziato dalla stessa ordinanza, l’accoglimento del ricorso della Unione dei segretari non produce conseguenze sul contratto stipulato lo scorso mese di dicembre per il quadriennio economico 2006/2009 ed il biennio economico 2006 – 2007, in quanto l’eventuale annullamento costituisce materia estranea ai provvedimenti cautelari. Occorre invece analizzare le conseguenze sulla preintesa relativa al biennio economico 2008/2009, per la quale si attende la autorizzazione della Corte dei conti alla sottoscrizione, anche se esse non possono che prodursi in misura assai parziale e limitata. L’ordinanza evidenzia subito che sussiste il cd «periculum in mora» e che esso è determinato dal fatto che la mancata ammissione al tavolo delle trattative per il rinnovo del Ccnl «è inevitabilmente produttiva di irreparabile pregiudizio, integrato dalla perdita di credibilità della associazione, esposta al serio rischio di vedere compromessa la sua naturale funzione per la progressiva, plausibile riduzione del numero delle adesioni, fino a oggi consistenti». Il fatto che le trattative per il rinnovo del contratto siano state concluse viene definito al riguardo come un «ostacolo fittizio», perché ciò che si deve evitare è la perdita di credibilità della organizzazione sindacale. Se in primo grado il giudice ha sottolineato la tardività del ricorso presentato dalla Unione, la seconda sezione del Tribunale di Roma evidenzia che invece esso è stato presentato assai tempestivamente, cioè «il giorno successivo a quello in cui il sindacato ha avuto ufficialmente contezza» della estromissione dal tavolo delle trattative. Né si può eccepire la mancata impugnazione del contratto collettivo nazionale quadro in cui l’assetto contrattuale dei segretari è stato compreso nell’ambito del comparto regioni ed enti locali: l’interesse matura nel momento in cui sussiste la specifica lesione del diritto della Unione a partecipare alle trattative. L’ordinanza non entra nel merito della questione della rappresentatività, ma sposa una tesi che per molti versi è da considerare convincente. Se si è riconosciuto che deve esserci un contratto specifico dei segretari comunali e provinciali, quanto meno in termini impliciti si è riconosciuto che la loro condizione può essere parificata a quella di «un’area». E l’elencazione legislativa, che prevede ad esempio quella dei dirigenti, non deve essere ritenuta come tassativa: in questa materia deve prevalere un esame di tipo sostanziale. Né ha senso definire tale intesa come un «contratto applicativo», costruzione non compresa nell’ambito delle scelte legislativa. E il fatto che in precedenza tale organizzazione sia stata ammessa alle trattative sulla base di un indirizzo del ministro della funzione pubblica non costituisce elemento da cui trarre argomenti per la loro esclusione nella fase attuale. Per cui, a livello di fumus, si deve parlare di una vera e propria area endocompartimentale dei segretari e, quindi, della rappresentatività del loro sindacato.
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