Una ruralità in via continuativa

Il decreto sviluppo prevede l’inserimento della categoria catastale corrispondente dei fabbricati

Italia Oggi
17 Giugno 2011
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Per ottenere l’esenzione dalle imposte e dai tributi, posto il rispetto delle condizioni prescritte, il soggetto interessato deve attestare che il fabbricato possiede in «via continuativa», a partire dal 2005, i requisiti di ruralità. Con l’emendamento al dl 70/2011 («decreto sviluppo»), in tema di ruralità dei fabbricati abitativi e strumentali (ItaliaOggi, 16/06/2011), di cui ai commi 3 e 3-bis, dell’art. 9, dl 557/1993, si aprono numerose problematiche inerenti all’assenza della categoria, ora richiesta, anche nel rispetto di tutti i requisiti richiesti dalla disciplina sulla ruralità dei fabbricati. Preliminarmente, è opportuno evidenziare che il legislatore tributario, contro ogni logicità e, soprattutto, in contrasto con il tenore letterale delle disposizioni richiamate, di cui ai commi 3 e 3-bis, art. 9, dl. 557/1993, soccombe alla tesi della Suprema Corte (Cassazione n. 21/09/2009 n. 18656 e 18570) ritenendo che l’acquisizione della natura rurale della costruzione dipenda dall’attribuzione alla stessa delle categorie «A/6» (abitativi) e «D/10» (strumentali). L’Agenzia del territorio, unico soggetto legittimato (Cassazione, sentenze n. 15321/2008 e 22691/2009) al riconoscimento della qualifica ha manifestato, in varie occasioni (tra le altre, si veda l’audizione del 22/02/2011), la propria opinione ritenendo che in base alle disposizioni vigenti, è sufficiente il rispetto delle condizioni richiamate dall’art. 9, dl n. 557/1993, essendo «…del tutto indipendenti dalla categoria catastale attribuita al medesimo immobile…». Con l’emendamento è stato disposto, invece, che il soggetto interessato può, attraverso una specifica richiesta accompagnata da un’autocertificazione, di cui al dpr 445/2000, ottenere dal Territorio il classamento indicato dai giudici supremi, posto che il richiedente dichiari che «…l’immobile possiede, in via continuativa a decorrere dal quinto anno antecedente a quello di presentazione della domanda, i requisiti di ruralità dell’immobile richiesti ai sensi del citato articolo 9 del dl. 557 del 1993…». In base al tenore letterale della disposizione enunciata, per far valere la ruralità a decorrere dal 2005, il proprietario e/o titolare di diritti reali deve attestare, a rischio di mendacità della stessa dichiarazione e con conseguenze anche di ordine penale, che l’immobile possiede «…in via continuativa…» i requisiti di ruralità richiesti dall’attuale disciplina; di conseguenza, il fabbricato, ammesso che il Territorio accetti l’inquadramento richiesto, potrà essere riconosciuto rurale con effetto retroattivo solo se lo stesso non ha mai perso la qualifica a decorrere dal 2005. Non è fuori luogo pensare che, al contrario, in un anno inserito tra il 2005 e il 2011, la costruzione abbia perso i detti requisiti, magari perché in quel periodo l’unità abitativa non è stata utilizzata da un socio o dall’amministratore della società agricola, di cui all’art. 2, dlgs n. 99/2004 (lettera a, comma 3, art. 9) o perché in quel periodo il volume d’affari dell’attività agricola del soggetto che conduce il fondo non ha superato la metà del suo reddito complessivo (lettera d, comma 3, art. 9) e così via. La conseguenza in tal caso è fin troppo chiara: o il soggetto interessato attesta il falso dichiarando la presunta «continuità» richiesta o rischia, paradossalmente, di perdere l’esenzione da imposte sul fabbricato (Irpef e Ici) a partire dal 2005, per tutto il quinquennio, con relativa applicazione di sanzioni e interessi. La situazione, che poteva essere semplicemente sanata con il riconoscimento della ruralità a prescindere dalla categoria assegnata alla costruzione, toccherà il paradosso in presenza di un futuro diniego, del tutto possibile e legittimo, del Territorio a censire l’unità abitativa o l’annesso agricolo nelle due categorie richieste che, come già evidenziato, non sono attribuibili così facilmente, dovendo tenere conto delle caratteristiche intrinseche degli stessi fabbricati, di cui al dpr n. 139/1998, come modificato dal dpr n. 536/1999. Infine, la norma niente dispone in merito al contenzioso in essere, stante il fatto che numerosi contribuenti sono ancora in attesa delle sentenze delle commissioni tributarie e della Suprema Corte, per effetto dei ricorsi presentati contro gli accertamenti di quegli enti comunali che si sono allineati agli indirizzi giurisprudenziali richiamati; in tal caso sarebbe fin troppo opportuno conoscere la volontà del legislatore giacché la retroattività dell’esenzione (dal 2005) non è esplicitamente affermata, essendo solo richiamata ai fini dell’attestazione richiesta. Pertanto, resta da capire come sarà gestita la fase contenziosa in essere, sia per quanto concerne la necessità o meno del classamento richiesto, che per quanto riguarda gli effetti sul pregresso della variazione di categoria eventualmente intervenuta nel 2011 o, ancor peggio, in assenza della continuità dei requisiti.

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