Questi, in buona sintesi, i motivi che hanno indotto il commissario Ue per la fiscalità e l’unione doganale, Algirdas emeta, a lanciarsi nell’ambizioso tentativo di rivoluzionare l’attuale meccanismo dell’Iva comunitaria. «L’imposta sul valore aggiunto rappresenta oggi più del 20% delle entrate nazionali. Per questo motivo l’Iva ha un notevole impatto su ogni singolo cittadino dell’Unione europea», ha sottolineato ieri emeta. «Nonostante questo, l’introduzione del sistema di riscossione dell’imposta risale a 40 anni fa». Un regime obsoleto, non più in linea con l’economia del terzo millennio, orientata di più sui servizi che sulla produzione e incentrata sullo sviluppo delle nuove tecnologie. «Per questa ragione è arrivato il momento di avviare una riforma ambiziosa del sistema», ha sentenziato il commissario Ue.
Ma da dove partire? Il primo passo mosso da Bruxelles è stato l’adozione di una comunicazione sul futuro dell’Iva. Diciassette pagine in cui emeta ha indicato le caratteristiche fondamentali del nuovo sistema e gli interventi prioritari necessari per renderlo più semplice, più efficiente e più solido dell’attuale.
Lo sportello unico per le operazioni transfrontaliere. «Dobbiamo perseguire tre obiettivi», si legge nel documento. «Innanzitutto l’Iva deve essere di più facile applicazione per le imprese. Un sistema più semplice e trasparente ridurrebbe gli oneri amministrativi considerevoli delle imprese e stimolerebbe maggiormente il commercio transfrontaliero, favorendone a sua volta la crescita». In questo ambito, le misure di intervento previste da Bruxelles prevedono l’estensione dell’approccio di «sportello unico» alle operazioni transfrontaliere, la standardizzare delle dichiarazioni Iva e la definizione di un sistema in grado di fornire un accesso chiaro e semplice alle informazioni dettagliate sui sistemi nazionali tramite un portale web centrale.
Abolire le esenzioni. emeta si è poi detto intenzionato ad ampliare la base imponibile e limitare il ricorso alle aliquote ridotte per consentire la creazione di nuovi flussi di entrate per gli stati membri senza dover aumentare le aliquote in vigore. «Se fossero abolite esenzioni e riduzioni, in alcuni Stati membri l’aliquota Iva normale potrebbe addirittura essere ridotta senza ripercussioni sulle entrate», si legge nella comunicazione di Bruxelles. «Le numerose esenzioni fanno sì che oggi in Europa solo una parte del consumo finale venga tassato al tasso standard minimo del 15%. Non solo. Bisogna estendere la tassazione anche ai prodotti disponibili in versione digitale e rivedere prodotti e servizi che godono di tassi ridotti (che non dovrebbero comunque scendere sotto il 5%) e si dovrebbero applicare solo a medicine, cibo, libri non digitali, giornali, equipaggiamenti per disabili, teatri e musei».
Rafforzare gli strumenti antifrode. Infine, la Commissione si è detta intenzionata a risolvere il problema delle attuali perdite di entrate dovute all’imposta sul valore aggiunto non versata, pari al 12% circa dell’imponibile Iva. «Nel 2012 proporremo l’istituzione di un meccanismo di reazione rapida che consentirà agli Stati membri di intervenire in maniera migliore in caso di sospetto di frode», ha anticipato emeta. «Inoltre, la Commissione verificherà se gli attuali meccanismi antifrode, tra cui Eurofisc, debbano essere rafforzati e vaglierà la possibilità di creare un gruppo di revisori transfrontaliero al fine di facilitare i controlli multilaterali».
Il principio del paese di destinazione. Come ultima cosa, i vertici di Bruxelles hanno concluso che l’annosa questione del passaggio a un sistema Iva basato sull’imposizione nel Paese d’origine non è più rilevante. «L’imposta sul valore aggiunto continuerà a essere riscossa nel paese di destinazione (ossia il paese in cui ha sede l’acquirente)», si legge nella comunicazione, «e la Commissione si impegnerà a creare un sistema Iva moderno basato su questo principio».
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