Il clima di accelerazione è evidente. Il presidente del Consiglio Mario Monti ha appena assunto la direzione della neonata agenzia per l’Italia Digitale (che prende il posto di DigitPa e dell’agenzia per la Diffusione delle tecnologie per l’innovazione) e ha dichiarato che sono ormai pronte le linee guida del decreto legislativo DigitItalia, previsto entro l’estate. Il decreto avvierà di fatto l’Agenda digitale italiana, dove uno dei nodi portanti riguarda appunto le infrastrutture.
Il ruolo del Governo sarà di occuparsi delle aree “bianche”, di coprire cioè quelle zone dove gli operatori non sono presenti né pianificano di esserci. L’obiettivo 2013 sembra facilmente alla portata, anche perché «contiamo che gli operatori ridurranno con l’Lte (banda larga mobile, evoluzione dell’Umts/Hspa) molte zone ora prive di banda larga base», dice Sambuco. Il wireless sta già svolgendo una funzione di copertura (almeno 2 Megabit), per esempio con il piano Millecomuni di Vodafone (ora a quota 503; porta banda larga mobile laddove manca l’Adsl). A oggi, il ministero ha a disposizione 118,9 milioni di euro per completare la copertura base nelle regioni meridionali (per le quali quindi l’obiettivo 2013 sembra già assicurato). Il Governo lavora ora, analogamente, per trovare i fondi per il Centro-Nord, in accordo con le Regioni: servono altri 400 milioni, secondo il ministero.
L’obiettivo 2020, della banda larghissima, è invece «un piano sfidante sia nella quantità di copertura sia nella tempistica», ha detto Marco Patuano, amministratore delegato di Telecom Italia.
Attualmente i piani già dichiarati dai soggetti pubblici e privati non bastano a raggiungere quell’obiettivo: sono quelli di Telecom Italia (99 città con almeno 50 Megabit entro il 2014), di F2i/Metroweb (30 città con i 100 Megabit entro il 2015, pari al 20% della popolazione). La rete già fatta da Fastweb copre il 10% circa della popolazione con i 100 Megabit.
E lo Stato? Al momento ha disponibili 1,140 miliardi di euro di fondi europei Fesr, per la banda larghissima nelle regioni meridionali. Per il resto, «saranno importanti i prossimi sette anni, quando sono previsti altri fondi europei Fesr e Connecting europe facility», dice Sambuco.
Anche per la banda larghissima sarà utile un mix di tecnologie fisse e mobili, come ricordato anche dal commissario europeo Neelie Kroes; in particolare si confida nell’evoluzione dell’Lte: l’Lte Advanced (dal 2015). Ma il Governo vuole avere un ruolo anche nelle aree non bianche, cioè in quelle dove gli operatori intendono investire. «In DigitItalia ci saranno misure per facilitare i lavori di scavo, ridurne i costi, semplificare le procedure», spiega Sambuco. «Lanceremo il catasto del sottosuolo e ridurremo al minimo il ruolo delle pubbliche amministrazioni locali nel dare o negare autorizzazioni agli scavi», aggiunge. Il catasto sarà la prima mappa che spieghi agli operatori dove ci sono reti, cavidotti, fibre già posate; infrastrutture che possano riutilizzare, quindi, per lanciare la banda larghissima in quelle zone evitando o riducendo i lavori di scavo (che sono l’80% dei costi per fare una rete di nuova generazione a 50-100 Megabit).
L’idea di fondo è che la banda larga e larghissima sono l’ossatura del corpo digitale che l’Italia intende costruirsi. E dal quale il Governo intuisce ci sia la via per il rilancio economico. «L’esempio è quello della Corea del Sud. Negli anni Ottanta è uscita da una terribile crisi scommettendo sulle infrastrutture di telecomunicazioni, dove ora eccelle al mondo», dice Sambuco. Incombe un rischio: «Senza il digitale, perderemo il benessere a cui gli italiani sono abituati». Adesso si tratta di mettere insieme i tasselli per passare dalle idee ai fatti. Il Governo intende farlo, ma sarà la sfida più difficile, nei prossimi anni.
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