Con l’accordo in conferenza Stato-Città tra governo e autonomie locali tradotto nel Dpcm in corso di emanazione e la conversione del milleproroghe si completa la manovra 2011 per province e comuni. Il complesso delle regole è contenuto nei commi da 87 a 124 della legge 220/2010 che, riscrivendo tutta la disciplina del patto di stabilità, definisce i passaggi per la definizione del saldo programmatico di ogni ente locale per il prossimo triennio. L’aspetto più rilevante è la definizione di una regola generale (comma 90) che stabilisce un saldo strutturale pari a «zero» per le autonomie locali, sempre calcolato in termini di competenza mista. Per la determinazione del saldo programmatico è necessario procedere per gradi. Il punto di partenza è l’applicazione delle percentuali (comma 88 della legge 220/2010; per il 2011: 8,3% per le province e 11,4% per i comuni) alla spesa corrente media del triennio 2006/08. Sparisce, quindi, la base rappresentata da un saldo di partenza più o meno lontano nel tempo, sostituita da un parametro che offre stabilità. L’importo così ottenuto deve essere ridotto per una somma pari al taglio dei trasferimenti subito dagli enti per effetto dell’articolo 14 del Dl 78/2010 e determinato dal ministero del l’Interno con il decreto del 9 dicembre 2010. Il cambio di regola ha fatto sì che, per alcuni enti, la nuova impostazione determinasse sensibili differenze di obiettivo (sia positive, sia negative), incidendo sulla programmazione pluriennale. Per attenuare le differenze, solo per il primo anno, il legislatore ha previsto che l’obiettivo finale sia corretto per un importo pari alla metà della differenza tra il saldo programmatico calcolato con le precedenti regole (articolo 77-bis del Dl 112/2008) e il saldo determinato con la nuova disciplina. Se il nuovo obiettivo è inferiore a quello vecchio, il correttivo aumenta l’obiettivo determinato con le nuove regole; in caso contrario la metà del differenziale va in detrazione del saldo programmatico 2011. Per il solo 2011, inoltre, il comma 93 prevede una riduzione della manovra per complessivi 480 milioni per interventi necessari in ragione di impegni internazionali e al fine di garantire un contributo equo degli enti alla manovra. Il fondo deve prevedere la copertura delle spese di investimento per Expo 2015 dal comune di Milano e, per effetto della conversione del Dl 225/2010, dalla provincia. L’accordo, in conferenza Stato-Città ha previsto destinato 130 milioni per Expo (110 al comune e 20 alla provincia), 310 milioni ai comuni e 40 milioni alle province. Gli importi per i comuni si traducono in una clausola di salvaguardia definita in ragione della dimensione demografica degli enti. In particolare, se il saldo obiettivo supera la soglia definita dall’importo che scaturisce dall’applicazione delle percentuali definite nell’accordo alla spesa corrente media 2006-2008, allora il saldo programmatico è pari alla soglia medesima. Le percentuali sono del 5,4% per i comuni fino a 9.999 abitanti, del 7% per comuni con popolazione compresa tra i 10mila e 200mila abitanti e 10,5% per i comuni sopra i 200mila abitanti. Per le province, la riduzione opera solo se l’incidenza percentuale della riduzione dei trasferimenti supera il 7%; in tal caso le province possono ridurre il saldo obiettivo secondo parametri quali popolazione e superficie territoriale. Il Dpcm prevede, infine, che per tutti gli enti, le entrate straordinarie possono essere considerate rilevanti ai fini del saldo utile per il rispetto del patto di stabilità interno. Nel corso dell’anno, il saldo programmatico può essere modificato per due cause: l’applicazione del patto di stabilità regionale (normato dai commi da 138 a 143) e l’applicazione del comma 122, che prevede una riduzione degli obiettivi annuali del patto (con criteri e modalità da definirsi con apposito decreto) per un importo pari alla differenza, registrata nel 2010, tra il saldo programmatico assegnato e il saldo programmatico conseguito dagli enti inadempienti al patto di stabilità interno.
Come funziona la manovra 2011
LA SALVAGUARDIA Una clausola di salvaguardia viene introdotta per evitare che il patto di stabilità imponga obiettivi troppo elevati agli enti locali. La clausola è basata sul rapporto percentuale fra l’obiettivo richiesto dal patto e il livello di spesa corrente medio registrato nel triennio 2006/2008. Il tetto è differenziato in base alla dimensione degli enti locali: la percentuale massima è fissata al 5,4% per i comuni fino a 9.999 abitanti, del 7% per comuni con popolazione compresa tra i 10mila e 200mila abitanti e 10,5% per i comuni sopra i 200mila abitanti. Per le province il tetto fra obiettivo e spesa corrente è del 7%, e le riduzioni del saldo obiettivo sono articolate in base alla popolazione e la superficie.
I CALCOLI Il patto di stabilità 2011 fissa per ogni ente locale un doppio obiettivo, sempre calcolato in termini di competenza mista (competenza di parte corrente e cassa di conto capitale). Il primo obiettivo, definito «strutturale», chiede a tutti gli enti di raggiungere il saldo zero. Il secondo, quello «specifico», nasce dall’applicazione delle percentuali (per il 2011 è l’11,4% per i comuni e l’8,3% per le province) alla spesa corrente media del 2006/2008. L’obiettivo così determinato va confrontato con quello che sarebbe scaturito dai vecchi meccanismi di calcolo (quelli indicati dalla legge 133/2008), e il 50% della differenza va applicato in aumento (se negativa) o in diminuzione (se positiva). LE SANZIONI Il nuovo patto di stabilità conferma con qualche ritocco il sistema sanzionatorio che si applica agli enti in caso di mancato raggiungimento degli obiettivi. I trasferimenti spettanti all’ente inadempiente vengono tagliati in proporzione allo sforamento (ma la regola va armonizzata con le previsioni del federalismo fiscale), la spesa corrente non può superare l’importo medio registrato nell’ultimo triennio; viene bloccata la possibilità di accendere nuovo indebitamento e di effettuare assunzioni a qualsiasi titolo, e le indennità di sindaco, assessori e consiglieri vengono del 30 per cento. Vengono considerati inadempienti anche gli enti che non inviano in tempo i dati del monitoraggio sui conti.
IL PATTO REGIONALE Si amplia la disciplina del «patto di stabilità regionale», con cui le regioni possono modulare gli obiettivi per i propri enti locali peggiorando dello stesso importo i propri vincoli. Le nuove norme prevedono la possibilità di articolare gli «sconti» in base a parametri di virtuosità. Le risorse svincolate per la regione diventano il triplo (erano il doppio) rispetto alla somma dei pagamenti che l’intervento regionale libera per gli enti locali. Si ampliano anche i tempi del monitoraggio: gli enti locali avranno tempo fino al 15 settembre per comunicare ad Anci Upi e Regioni l’entità dei pagamenti effettuabili, la regione dovrà indicare all’Economia entro il 31 ottobre gli obiettivi rimodulati.
ONERI E DEBITO Il 75% dei proventi degli oneri di urbanizzazione può essere utilizzato per coprire la spesa corrente ordinaria anche nel 2011 e 2012. Cambiano le regole che limitano il ricorso all’indebitamento da parte di comuni e province. Il parametro di calcolo è quello stabilito dal Testo unico degli enti locali, basato sul rapporto percentuale fra spese per interessi ed entrate dei primi tre titoli (tributi, trasferimenti e tariffe). Il rapporto massimo, che era del 15% fino al 2010, scende al 12% nel 2011, al 10% nel 2012 e all’8% a partire dal 2013. Non possono aumentare l’indebitamento gli enti locali che, con il nuovo debito, supererebbero i tetti imposti alla spesa per interessi.
SOCIETÀ E ATO Tempi più lunghi per la dismissione delle partecipazioni negli enti fino a 50mila abitanti. Le società non più consentite dovranno essere cedute entro il 31 dicembre 2013 (il termine era prima fissato al 31 dicembre 2011), e vengono inseriti tre nuovi parametri di «virtuosità» per evitare del tutto la dismissione: la società dovrà mantenere i bilanci in utile nei prossimi tre anni, e non aver subito negli esercizi precedenti ripiani di perdite o aumenti di capitale obbligatori (per i vincoli imposti dal Codice civile o da delibere assembleari). Non cambia il termine per la chiusura degli Ato acqua e rifiuti (31 marzo), che però può ancora essere spostato con Dpcm.
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