Il 12,8% degli enti pubblici italiani paga i propri debiti con ritardi oltre i 90 giorni e per questo motivo sta per subire un taglio del 5% sulle spese per i successivi acquisti di beni e servizi dai fornitori privati. Queste sono le prime stime sulle conseguenze del decreto Irpef, che per la prima volta penalizza, con una sforbiciata agli acquisti, le amministrazioni ritardatarie. A elaborare i dati per Il Sole 24 Ore è il Cerved, società specializzata in credit information che con il proprio Osservatorio Payline tiene sotto controllo oltre 300mila fatture, di cui 100mila emesse dai privati verso la Pa. Ebbene, secondo i dati dell’ultimo trimestre 2013, si trova nella situazione di rischio dei tagli, appunto, il 12,8% degli enti pubblici italiani. Una media che, declinata sul territorio, è molto più variegata (si veda la tabella a fianco).
«La forte eterogeneità dei dati conferma che la Pa è un complesso articolato – commenta l’amministratore delegato di Cerved, Gianandrea De Bernardis – nell’ambito del quale non mancano casi di efficienza: per incentivare comportamenti virtuosi è necessario intervenire con provvedimenti mirati a colpire le inefficienze piuttosto che con tagli indiscriminati».
E in effetti il decreto 66/2014 ha fissato una soglia limite, 90 giorni di ritardo, come indice dei pagamenti medi 2013. Comuni e Province hanno tempo solo fino al 31 maggio per certificare il dato. Chi non ce la fa subirà la penalizzazione massima pari al 10% in meno sugli acquisti di beni e servizi; chi, invece, certifica di stare oltre questa soglia dovrà realizzare un 5% di risparmi, mentre chi si trova al di sotto potrà incrementare (sempre del 5%), le stesse voci di spesa.
Più a rischio risultano, come prevedibile, le regioni meridionali. In coda si piazzano Basilicata (ma il campione Cerved non è del tutto rappresentativo per questa regione), Campania e Calabria. Qui i ritardatari sono tre volte di più della media nazionale. La Calabria, insieme con il Molise, peraltro conquista anche il triste primato del maggior numero di arretrati sullo stock di debito fino al 2013: il 94% delle fatture scadute resta inevaso. In pratica qui meno di un’impresa su dieci ha la fondata speranza di vedere pagato il servizio reso o i beni ceduti alla Pa. Un destino che però accumuna anche i fornitori in Piemonte, che nell’ultimo trimestre 2013 scontano un 91% di insoluti.
Subito dietro alle regioni meridionali si classifica il Lazio, dove la quota di enti che fanno superare i 90 giorni di attesa arriva al 28 per cento. Anche se in questo caso il risultato è appesantito dalla nutrita pattuglia di amministrazioni centrali (ministeri, Agenzie).
All’estremo opposto si trovano tre regioni del Nord: Trentino-Alto Adige, Veneto e Lombardia, tutte ampiamente al di sotto della media nazionale. È in queste tre realtà che di conseguenza si concentreranno le amministrazioni “premiate” dall’incentivo del decreto Irpef. Qui, se le amministrazioni riusciranno a certificare in tempo utile il rispetto dei 90 giorni (e non è escluso che in sede di conversione del decreto la scadenza sia allungata), potranno contare su un 5% in più di spazi per gli acquisti.
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