Una riflessione sul programma Frontex, un esame comune a livello europeo delle domande di asilo che oggi giungono ai singoli Paesi, un percorso condiviso sullo ius soli. Questi alcuni dei temi più forti emersi dal dibattito su “L’Europa e le politiche di migrazione”, promosso dalla rappresentanza in Italia dell’Unione Europea nell’ambito del percorso “Conoscere per deliberare” che si è tenuto ieri a Napoli, moderato da Stefano Polli, responsabile area internazionale dell’Ansa, Giorgio Zanchini di Rai Radio3 e Philippe Fargues direttore del Migration Policy Center Iue. Una riflessione che parte dalla consapevolezza che le migrazioni non sono più un problema ma devono essere viste come una risorsa, perché sono gli scenari futuri che obbligano a rovesciare il punto di vista. La discussione è partita infatti dai dati che parlano dal calo demografico in atto nell’Unione Europea e che vedrebbe, in uno scenario di chiusura alle migrazioni, l’Ue a 27 perdere 33 milioni di persone in età lavorativa (-11%) da qui al 2030, mentre le persone anziane aumenteranno arrivando a 62 milioni di over 65. Questo se il saldo migratorio con l’estero rimarrà ai livelli pre-crisi.
L’allarme suona dal 2010, anno in cui, secondo i dati del “Migration Policy Center dell’università europea di Firenze il numero di persone in età pensionabile ha superato quello relativo alla popolazione tra i 20 e i 35 anni di età. Tra le proposte emerse c’è quello della creazione di un Erasmus euro-mediterraneo che permetta ai giovani della sponda sud di acquisire esperienze in Europa già durante la loro formazione, per poter spendere questo know how in un futuro lavorativo in Europa o nei rispettivi Paesi. Il nodo più forte resta però quello politico: tra le proposte emerse c’è quella di riflettere sul programma Frontex per non creare una ‘fortezza Europea’, e una condivisione delle domande di asilo a livello di Unione Europea.
Un tema chiave è anche quello della cittadinanza, che dovrebbe prevedere un percorso comune tra i Paesi europei anche per evitare che i migranti scelgano di andare verso i Paesi che hanno la legislazione meno rigida. Al centro della riflessione, inoltre, l’introduzione di uno ius soli “temperato” che, secondo quanto emerso, potrebbe prevedere la cittadinanza ai figli dei migranti ai sei anni, quando cominciano un ciclo scolastico, o almeno ai 16 anni per evitare un gap con i coetanei quando a 18 anni si deve entrare nel mondo del lavoro o dell’università. Per quanto riguarda l’Italia, una proposta significativa è infine quella di togliere le competenze sui migranti al ministero dell’Interno, affidandolo a un’autorità indipendente creata per sorvegliare il rispetto dei diritti umani.
(Fonte: Ansa)
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