Euforia per il segno più davanti ai dati sui musei statali italiani nel secondo semestre 2014: scenario incoraggiante in apparenza, presenta tuttavia non poche note dolenti. Presentato come uno dei pilastri del «New Deal» dei Beni Culturali è l’Art-Bonus, i cui esiti certamente non sono ancora misurabili, ma rispetto al quale si può ragionevolmente affermare che la “corsa” dei privati auspicata dallo stesso Ministro, nei fatti, non si è verificata. Ho già avuto modo di osservare come i motivi risiedano in buon parte nel labirinto burocratico che l’Art-Bonus porta con sé e che sembra imbrigliare energie e buone intenzioni. Specie per quelle realtà imprenditoriali piccole e medie (gran parte del tessuto produttivo del Paese) che non possono disporre di personale e risorse dedicate a dipanare la matassa burocratica.
Più recente è la firma del decreto che sancisce l’autonomia giuridica per i «Venti grandi musei» e il relativo «Bando Direttori», attraverso il quale il Mibact intende reclutare, per guidarli, altrettanti manager. Una buona notizia, perché l’autonomia è una condizione indispensabile per gestioni virtuose e caratterizza non a caso tutti i principali musei occidentali che sono quasi sempre affidati ad un sistema che consente di dotarsi di propri organi decisionali (e quindi di una ampia autonomia organizzativa), senza che vengano meno finanziamenti e responsabilità statali.
Ma l’autonomia appena riconosciuta ai nostri musei presenta più di una criticità. È tutto da scoprire, infatti, come opereranno in concreto: se, come sembrerebbe, il principio di una scissione fra tutela/conservazione (alle soprintendenze) e gestione/valorizzazione (ai direttori) è corretto sulla carta, nei fatti però la distinzione resta molto sfumata.
Ancora più cruciale è poi la questione del personale, dove, come già osservato,la permanenza della relativa gestione in capo al Ministero ha reso, e renderà ancora di più, impossibile ogni forma di riorganizzazione del lavoro.
Insomma,i nuovi manager potranno decidere su tariffe e orari ma non sul personale, che continuerà a dipendere, sul piano gestionale e amministrativo, dal Mibact.
Ma allora a quale staff il direttore farà riferimento per le decisioni strategiche (gli orari, per esempio, di cui, in teoria, sarà responsabile) ? Avrà facoltà di assumere, licenziare o, al contrario, promuovere i più meritevoli? Potrà farlo, ha risposto il Ministro, nella «ornice delle regole vigenti» (sic!) Resterà quindi quest’ultimo l’interlocutore dei sindacati? «È un inizio che speriamo possa tradursi in una fase realmente nuova», scrivono Casini e Baia Curioni su questo stesso giornale. Con le speranze, purtroppo, non si va lontano. Rimaniamo invece in attesa di azioni più decise o saremo di fronte, ancora una volta, ad un’occasione mancata.
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