La vessazione può avere la forma di un qui pro quo. Può capitare che un curatore fallimentare si veda notificare una cartella che, in realtà, l’agente della riscossione avrebbe dovuto consegnare nelle mani del responsabile della società fallita. «Sono a conoscenza di almeno 600 casi in cui Equitalia Gerit ha iscritto a ruolo, a nome del curatore fallimentare, cartelle esattoriali per importi che in realtà sono da attribuire alle società fallite» racconta Federico de Stasio, presidente di Accademia Andoc dei dottori commercialisti di Roma. «Così per un collega è scattato il fermo amministrativo e le ganasce alla macchina; il tutto a causa di una cartella che, in realtà, trovava la sua ragion d’essere in alcune multe comminate alle auto aziendali della società fallita, e che questa non aveva pagato». Ciò significa, in concreto, che «il curatore deve, kafkianamente, iniziare una lunga peregrinazione da Equitalia all’agenzia delle Entrate, e viceversa, con il rischio anche di vedersi notificare, prima di ottenere lo sgravio, un avviso di fermo veicoli se non un’iscrizione ipotecaria su immobili». L’agente della riscossione fa sapere che l’anno scorso su 18 milioni di cartelle inviate le contestazioni sono state circa 20mila (è ancora presto per fare un bilancio sui ricorsi promossi nei confronti dell’Amministrazione); e che le notifiche vengono effettuate nel rispetto delle norme vigenti. E ieri ha contattato il contribuente per verificare insieme i casi specifici segnalati e porre rimedio a eventuali disguidi. Insomma, a Equitalia c’è tanta buona volontà ma non esiste una vera strategia né per eliminare rapidamente i casi di vessazione né per proporre modifiche normative che consentano politiche più elastiche in caso di oggettive difficoltà, come sta accadendo oggi a migliaia di imprese e lavoratori autonomi. Eppure qualcuno dovrà pensarci: «La mancanza di principi in tema di tutela del contribuente nella fase della riscossione coattiva – spiega Giuseppe Tinelli, ordinario di diritto tributario all’Università di Roma Tre – ed il rinvio contenuto nella disciplina speciale in tema di esecuzione forzata tributaria alle regole del codice di procedura civile, hanno finito per provocare una grave situazione di deficit di garanzie giurisdizionali nella fase di realizzazione esecutiva del credito tributario, sottraendo alle Commissioni Tributarie tutte le controversie aventi ad oggetto il controllo della legittimità dell’esecuzione». E del resto è lunga anche la sequenza dei casi sanzionati dalla magistratura. Per esempio, la Commissione tributaria regionale di Bari, sezione VIII, con la sentenza n. 36 del 12 aprile 2010, ha giudicato non corretto l’operato dell’esattore che in sede giudiziale non è riuscito a provare la notifica della cartella e ha iscritto ipoteca legale sull’immobile del contribuente, senza essere in grado neppure di dimostrare l’avvenuta comunicazione presso il luogo di domicilio fiscale del destinatario. E il Tribunale di Genova, seconda sezione, con la sentenza 14212 del 3 dicembre 2010, ha ritenuto illegittima l’esecuzione immobiliare poiché la somma dovuta dal debitore era inferiore alla soglia minima per la quale è ammessa l’espropriazione. In questo caso i danni sono stati riconosciuti agli eredi del contribuente per «il timore e l’ansia» provocati al debitore, all’epoca malato, per la perdita della propria abitazione. Anche il Tribunale di Roma, con la sentenza del 9 dicembre 2010, ha qualificato doloso il comportamento di Equitalia Gerit per avere iscritto ipoteca in assenza dei presupposti. E Il giudice civile ha inoltre aggiunto che ai «grandi poteri» attributi dalla legge «si deve accompagnare un senso di responsabilità, di prudenza, e di equilibrio appropriati alla funzione latu sensu pubblica che l’Agente esplica».
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