Tre rebus sui tagli provinciali

Autonomie. Nel decreto «salva-Italia» problemi di costituzionalità in materia di organi, sovranità popolare e principi di leale collaborazio-ne

Il Sole 24 Ore Nord-Est
22 Dicembre 2011
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Nella nuova regola-mentazione degli organi provinciali del decreto legge 201/2011 “salva Italia” – testo appro-vato dalla Camera dei De-putati – la Giunta sparisce (art. 23, comma 15). La ma-teria ricade nella previsione dell’articolo 117, comma 2, lett. p) della Costituzione, che affida alla potestà legi-slativa esclusiva dello Stato legislazione elettorale, or-gani di governo e funzioni fondamentali di Comuni, Province, Città Metropoli-tane. A precisarne l’esten-sione, la Corte costituziona-le non è ancora intervenuta. Si pone il problema se, in questa dizione, il termine “organi” si riferisca unica-mente ai rapporti tra gli or-gani stessi e al numero dei loro componenti, oppure includa anche il tipo di or-gani. Solo nel secondo caso, sarebbe legittima la sop-pressione della Giunta pro-vinciale. Tuttavia una inter-pretazione a sostegno della necessità di mantenere l’as-setto attuale potrebbe desu-mersi dall’articolo 114 della Carta: essa, quando men-ziona le Province, fa sempre riferimento a un modello ben preciso, quello della tradizione giuridica italiana, articolato in tre organi di governo, come è fin dalla loro istituzione con il decre-to Rattazzi del 1859. Anco-ra, il Consiglio provinciale deve mantenere il sistema di elezione a opera del corpo elettorale, o è costituzio-nalmente possibile la scelta difforme del decreto “salva Italia”, per cui è eletto dagli organi elettivi dei Comuni che si trovano nel territorio della Provincia (comma 16)? A favore della prima soluzione gioca il raffronto con gli altri organi delle di-verse articolazioni della Re-pubblica, di cui parla l’arti-colo 114 della Costituzione, rappresentativi del corpo elettorale. Tutti hanno l’ele-zione a base popolare, sia pure distinguendo il livello di sovranità che spetta alle Camere rispetto a quello di autonomia proprio dei Con-sigli regionali, provinciali e comunali. Nello stesso sen-so, il fatto che l’elezione popolare garantirebbe – nel-la prospettiva della demo-crazia rappresentativa – un processo decisionale più trasparente e aperto. Il de-creto, inoltre, stabilisce che le attuali funzioni delle Pro-vince debbano essere trasfe-rite ai Comuni, da parte del-le Regioni e dello Stato se-condo le rispettive compe-tenze, entro il 30 dicembre 2012 (comma 18). In un si-stema delle autonomie arti-colato su più livelli di go-verno come quello delinea-tosi dopo la modifica del titolo V della Carta costitu-zionale nel 2001, anche il rapporto tra Stato, Regioni ed enti locali territoriali de-ve essere informato al prin-cipio di leale collaborazio-ne. Il decreto del Governo Monti, invece, pare eluder-lo, non prevedendo alcun meccanismo di raccordo e di concertazione. Per di più la disposizione viola il prin-cipio di riparto delle fun-zioni amministrative di cui all’articolo 118, comma 1, Cost., dal momento che non viene preso in considerazio-ne l’ente provinciale nella allocazione delle stesse, stabilendo che spettano alle Regioni quelle funzioni che, per la loro portata, non pos-sono essere esercitate dalle amministrazioni comunali.

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