Trasparenza: un tema che deve ancora essere assimilato in maniera corretta da un cospicuo numero di amministrazioni pubbliche. Ad oltre 3 anni dal primo decreto che imponeva la pubblicazione online delle informazioni chiave di ogni ente pubblico e a due mesi dalla riforma che ha liberalizzato l’accesso a questi dati, c’è ancora un’ampia quota di enti pubblici (quantificabili intorno al 10% del totale) ancora incapace di adeguarsi alle novità normative. E non è sufficiente la prima ammonizione emessa dalla Autorità anticorruzione, seguita dall’invito a mettersi in regola. E nemmeno il secondo richiamo, un ordine di adempiere: una sparuta pattuglia di amministrazioni sceglie di “resistere” e affronta anche l’onere della multa.
Tale “trend” affiora dalla Relazione dell’Autorità anticorruzione (ANAC) guidata da Raffaele Cantone (rilevamento 2014-2015 con aggiornamenti fino a marzo 2016). I risultati parlano chiaro: se infatti un’ampia maggioranza (l’82% delle amministrazioni richiamate) si mette in regola subito e un altro 8,6% lo fa alla seconda chiamata, emerge un altro 7% che si adegua solo parzialmente e persino un irriducibile 2,3% che fa finta di nulla e prosegue nel proprio comportamento errato.In molteplici casi, inoltre, neanche la minaccia di una multa è bastata a convincere alcune Pubbliche Amministrazioni a mostrare informazioni chiave quali quelle sui costi della politica o sui compensi elargiti agli amministratori delle varie società partecipate.
– Leggi l’articolo Decreto trasparenza in Gazzetta Ufficiale.
– Consulta il testo di legge del decreto legislativo 25 maggio 2016, n. 97.
– Consulta il focus in materia del nostro esperto Arturo Bianco.
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