La rivista Comuni d’Italia, dal 1964 offre una visione completa delle novità che impattano su tutti gli ambiti della Pubblica Amministrazione, il più qualificato approfondimento tecnico-giuridico per affrontare le tematiche discusse e attuali: procedimento amministrativo-trasparenza e accesso, finanza, appalti, personale. Su ogni fascicolo un focus sulla materia più calda del momento.
Ecco di seguito uno stralcio dall’editoriale di Tiziano Tessaro:
“Il numero che ci accingiamo a presentare affronta una tematica particolare, lasciata spesso in ombra, ma carica di non poche conseguenze, in molteplici direzioni, per il dipendente pubblico: il principio di onnicomprensività. È noto del resto il principio secondo cui nulla è dovuto, oltre al trattamento economico fondamentale ed accessorio stabilito dai contratti collettivi, al dipendente che ha svolto una prestazione che rientra nei suoi doveri d’ufficio (cfr. Corte dei conti Puglia, sezione giurisdizionale, sentenze nn. 464, 475 e 487 del 2010). La giurisprudenza della Corte dei conti se ne è occupata a più riprese (cfr. ex multis, delibera Sez. Veneto, n. 361/2013) e ha avuto modo di ribadire che detto principio trova espresso fondamento negli artt. 2, comma 3 e 24, comma 3 del d.lgs. 165/2001 in virtù del quale il trattamento economico stabilito dalla contrattazione collettiva remunera tutte le funzioni ed i compiti attribuiti ai dirigenti nonché qualsiasi incarico ad essi conferito dall’amministrazione presso cui prestano servizio o su designazione della stessa, mentre per il personale non dirigente, esso trova la sua enunciazione nella norma contenuta nell’art. 45 del d.lgs. 165/2001.
La concreta enunciazione di detto principio si è peraltro intrecciata con l’affermazione, prevista parimenti dalle norme citate, della riserva alla contrattazione collettiva in tema di determinazione del corrispettivo delle prestazioni dei dipendenti: con la conseguenza, da un lato, che solo il contratto collettivo nazionale, può fissare onnicomprensivamente il trattamento economico, mentre dall’altro il contratto decentrato assume rilevanza nei limiti di quanto disposto dalle fonti nazionali.
In ambo i casi, solo la legge può derogare a tale sistema, prevedendo talora specifici, ulteriori, compensi (Sez. Autonomie n. 7/2014 e Corte dei conti SS.RR.QM 51/CONTR/11 del 4 ottobre 2011) o addirittura la possibilità di una diversa strutturazione del trattamento economico, sia sul piano qualitativo che su quello quantitativo: con la conseguenza che quest’ultima individuazione derogatoria deve costituire un’eccezione di stretta interpretazione, con divieto di analogia (art. 12 delle disposizioni preliminari al codice civile: Sezione Campania, parere 7.5.2008, n. 7), essendo regola generale quella secondo cui il contratto individuale o una determinazione unilaterale dell’ente (ad esempio un regolamento) non possono determinare il corrispettivo e, dall’altro, che tale corrispettivo, come ampiamente sottolineato, retribuisce ogni attività che ricade nei doveri d’ufficio.
Sulla scorta di quanto evidenziato, il contenimento delle risorse per la contrattazione integrativa rientra tra gli ambiti prioritari di intervento da parte del legislatore, ai sensi dell’art. 23 del d.lgs. 75/2017, dell’art. 1, comma 236, della l. n. 208/2015 e, antecedentemente, dall’art. 9, comma 2-bis, del citato d.l. n. 78/2010, di cui la Corte dei conti ha già avuto modo di sottolineare, quali norme vincolistiche di rango pubblicistico, la sostanziale identità di ratio (cfr. delibera Sez. Veneto n. 378/2016/PAR).
È stato osservato infatti come la struttura del vincolo di spesa per il trattamento economico accessorio del personale degli enti locali imposto dall’art. 1, comma 236, della legge 28 dicembre 2015, n. 208 (legge di stabilità per il 2016), ai fini del concorso delle autonomie territoriali al raggiungimento del riequilibrio complessivo e della stabilità della finanza pubblica, ricalcasse fedelmente, fatto salvo il diverso riferimento temporale, la lettera dell’art. 9, comma 2-bis, del decreto-legge n. 78/2010 (Sezione delle autonomie, del. n. 34/2016/QMIG)”.
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