Si tratta del primo parere (Consiglio di Stato 14 marzo 2017, n. 638) che viene reso su un “decreto correttivo” della Legge Madia: in questa circostanza l’intervento correttivo serve anche per dare esecuzione alla sentenza n. 251 del 2016 della Corte Costituzionale. Si rammenta infatti che nel novembre scorso la Consulta aveva dichiarato incostituzionale la Legge Madia (legge 124/2015) perché su alcuni decreti (come quello sulla società partecipate) non prevedeva l’intesa con le Regioni, ma soltanto il loro “parere”. Il Consiglio di Stato, con parere n. 83 del 17 gennaio 2017, aveva indicato proprio la strada dei “decreti correttivi” per assicurare la prosecuzione del processo di riforma. Il decreto correttivo in questione prevede, correttamente, che l’intesa delle Regioni possa sanare tutte le disposizioni già vigenti, con effetti retroattivi, sì da assicurare la certezza dei rapporti in corso. L’intesa dovrebbe essere discussa in Conferenza Unificata nei prossimi giorni, tenendo conto anche delle indicazioni fornite da Palazzo Spada sullo schema in questione.
Il parere del Consiglio di Stato
Nel merito del provvedimento, il Consiglio di Stato afferma che il decreto correttivo non dovrebbe limitarsi ad attuare la sentenza della Corte Costituzionale, ma anche introdurre tutte le modifiche necessarie per risolvere incertezze e per far funzionare, nella pratica, le norme originarie. Invece, il monitoraggio delle problematiche emerse dopo l’entrata in vigore della riforma risulta carente. Pertanto, il parere fornisce indicazioni non soltanto sulle norme del correttivo, ma anche sulle norme del Testo Unico che non vengono modificate dallo schema e che, invece, richiederebbero un intervento alla luce delle incertezze emerse nella prassi, o delle disfunzioni già segnalate dal parere sullo schema originario (n. 968 del 2016) e ancora attuali.
I rilievi contenuti nel parere
Tra i vari rilievi, si segnalano nello specifico (come riportato dal portale della Giustizia Amministrativa):
– la perdurante criticità, evidenziata già con il primo parere sullo schema di Testo Unico, di attribuire al Presidente del Consiglio dei Ministri il potere di escludere singole società dall’applicazione della riforma, con semplice provvedimento amministrativo, con possibile violazione del principio di legalità e dubbio fondamento nella legge di delega;
– la ancor più grave criticità di estendere, con il correttivo, tale potere derogatorio anche ai Presidenti delle Regioni, perché ciò consentirebbe a un’autorità regionale di derogare, con suo provvedimento, a una disciplina statale generale propria dell’ordinamento civile…
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