L’Aula della Camera ieri sera ha dato il sì definitivo alla riforma del terzo settore. I voti a favore sono stati 239, 78 i contrari.
Anche se poi bisognerà aspettare i decreti attuativi per la definizione di alcuni passaggi cruciali, la riforma per la prima volta dopo venti anni definisce il terzo settore, diverso dallo Stato e dal privato, specificando regole e caratteristiche del complesso di enti privati senza scopo di lucro che hanno finalità civiche e solidaristiche.
Il testo, il cui esame è stato oggetto di una “navetta” tra Camera e Senato durata due anni, introduce una serie di innovazioni particolarmente attese nel mondo del volontariato e del no profit.
Ecco le principali.
LA DEFINIZIONE DI TERZO SETTORE: Per terzo settore si intende il complesso degli enti privati costituiti per il perseguimento di finalità civiche, solidaristiche e di utilità sociale che, in attuazione del principio di sussidiarietà promuovono e realizzano attività di interesse generale mediante forme di azione volontarie e gratuite o di mutualità o di produzione e scambio di beni e servizi. Con il termine “utilità sociale” si intende ciò che fa bene alla comunità, crea solidarietà, costruisce comunità mediante forme di azione volontaria e gratuita. Non fanno parte del Terzo settore le formazioni, le associazioni politiche, i sindacati, le associazioni professionali di categoria economica. Le fondazioni bancarie, pur perseguendo la finalità degli altri enti del Terzo settore, confermandone implicitamente la natura ibrida, a cavallo tra beneficenza e impresa, che le caratterizza sin dall’origine.
I CENTRI DI SERVIZIO PER IL VOLONTARIATO: possono essere promossi e gestiti da tutte le realtà del Terzo settore, con esclusione degli enti gestiti in forma societaria, ma deve comunque essere garantita la maggioranza alle associazioni di volontariato e garantito il libero ingresso nella compagine sociale di nuove associazioni (il principio della “porta aperta”) a garanzia di un necessario continuo ricambio. I centri di servizio forniranno supporto tecnico, formativo e informativo, promuoveranno e rafforzeranno la presenza e il ruolo dei volontari nei diversi enti del Terzo settore.
CONSIGLIO NAZIONALE DEL TERZO SETTORE: è un organismo di consultazione a livello nazionale degli enti del Terzo settore, la cui composizione dovrà, fra l’altro, valorizzare le reti associative di secondo livello e al quale non sono però indirizzate risorse umane e finanziarie.
IL FONDO PER IL TERZO SETTORE: Viene istituito un fondo destinato alle attività di interesse generale promosse da organizzazioni di volontariato, associazioni di promozione sociale e fondazioni, presso il Ministero del lavoro e delle politiche sociali, con una dotazione 17,3 milioni di euro nel 2016 e di 20 milioni di euro a decorrere dal 2017.
LA FONDAZIONE ITALIA SOCIALE: fondazione di diritto privato con finalità pubbliche, avrà il compito di sostenere, attrarre e organizzare iniziative filantropiche e strumenti innovativi di finanza sociale. Per il 2016 alla Fondazione è assegnata una dotazione iniziale di un milione di euro. Per quanto riguarda l’impiego di risorse provenienti da soggetti privati, la Fondazione dovrà rispettare il principio di prevalenza, svolgendo una funzione sussidiaria e non sostitutiva dell’intervento pubblico.
SERVIZIO CIVILE UNIVERSALE: “Universale non perché diventa obbligatorio”, ci tiene a precisare una delle promotrici della riforma, la deputata Pd Francesca Bonomo. “Ma perché punta finalmente a coprire tutta la richiesta di volontariato che proviene dai ragazzi dai 18 ai 28 anni“. Si parla – secondo una stima fatta per difetto – di 100 mila ragazzi che ogni anno potranno scegliere di votare un periodo della propria vita- dagli 8 ai 12 mesi- ad attività di difesa e protezione della patria non armata e pacifica, o per tutelare i beni del nostro Paese nei campi dell’istruzione, della sanità, dell’ambiente, dell’integrazione, dello sviluppo e della valorizzazione del patrimonio culturale. Non cambia nella riforma l’indennità che viene corrisposta al volontario- 433,80 euro al mese netti– mentre cambia la platea potenziale: inclusi anche gli stranieri che risiedono in Italia da almeno cinque anni. E la possibilità di possibilità di trascorrere almeno due mesi in un’altra regione o Stato europeo: una possibilità in più per accrescere il confronto oppure sviluppare competenze linguistiche. Ma anche per porre le basi per un servizio civile europeo, che aiuti a costruire un’Europa più inclusiva e solidale.
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