Illegittimo e del tutto infondato il sequestro preventivo di 17 milioni che il Pm del Tribunale di Messina aveva ordinato a carico di Bnl nell’ambito delle indagini sui contratti derivati stipulati dalla banca con i Comuni di Messina e di Taormina. Lo ha stabilito la Corte di cassazione (sezione Penale seconda) con la sentenza n. 47421 del 2011. La decisione chiarisce che il sequestro preventivo è l’anticipazione di una pena e non lo strumento tramite il quale le risorse sequestrate saranno poi restituite alla parte offesa. In tal senso, la Suprema corte ritiene inammissibili i ricorsi dei due Comuni: nel riesame del sequestro può intervenire chi lo abbia subito (ovvero la banca) o chi lo abbia chiesto (il Pm) non certo la presunta parte lesa (ovvero i Comuni). Due gli spunti di diritto sostanziale che pure meritano attenzione. La Suprema corte chiarisce che la truffa si verifica nel momento in cui c’è stata l’effettiva diminuzione patrimoniale per effetto del raggiro. Vista la natura aleatoria dei contratti derivati non è possibile concepire il valore del marktomarket come indice dell’ingiusto profitto per la banca e del corrispondente danno economico per i Comuni. Il marktomarket è infatti una proiezione finanziaria basata su un valore teorico in caso di risoluzione anticipata. Nel caso specifico, poiché i contratti hanno generato, fino alla data rilevante, incassi per i due Comuni sia come differenziali positivi che come upfront, la Corte ha ritenuto non sussistere alcun indicatore del danno economico subito dagli enti. In conclusione, il fatto che i contratti derivati siano stati stipulati dalla banca con i Comuni prima dell’entrata in vigore del Dm 389/2003 non incide sulla loro legittimità né è sintomo di una condotta illecita da parte delle banche. Rimane infatti una scelta esclusivamente dei Comuni (e dei dirigenti competenti) quella di operare in derivati anche in assenza (ovvero prima dell’entrata in vigore) di una regolamentazione specifica.
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