Il diniego di rateizzare il debito tributario va impugnato dinanzi alla commissione tributaria: a confermarlo sono le sezioni unite della Corte di cassazione con l’ordinanza 15647 depositata ieri 1° luglio. Le sezioni unite sono intervenute a seguito di regolamento di giurisdizione promosso dalla società di riscossione che, al contrario, riteneva sussistente la giurisdizione del giudice amministrativo. L’ordinanza rileva che la rateazione è un’agevolazione concessa al contribuente; si tratta di un’agevolazione attinente la riscossione delle imposte prima della fase esecutiva e pertanto la giurisdizione è delle commissioni tributarie e non del giudice amministrativo. La pronuncia che conferma, dopo pochi mesi, un’altra ordinanza delle sezioni unite (7612 del 30 marzo 2010), è particolarmente significativa perché dovrebbe porre fine a una diatriba sorta all’indomani dell’introduzione della rateizzazione delle cartelle di pagamento, il cui diniego, secondo Equitalia, doveva essere impugnato innanzi al Tar. La conferma della giurisdizione delle commissioni tributarie consentirà una maggiore tutela dei contribuenti, Si presentano tuttavia alcuni problemi di carattere operativo cui i contribuenti, l’agente della riscossione e, soprattutto, i giudici tributari si troveranno a far fronte. Il primo concerne le condizioni economiche per ottenere la rateazione: l’articolo 19, comma 1 del Dpr 602/73 si limita a prevedere che l’agente della riscossione, su richiesta del contribuente, può concedere, nelle ipotesi di «temporanea situazione di obiettiva difficoltà» dello stesso, la ripartizione del pagamento delle somme iscritte a ruolo fino a 72 rate mensili. Introdotta tale previsione con il Dl 248/2007, Equitalia ha provveduto ad emanare agli agenti per la riscossione una serie di direttive volte a disciplinare in materia uniforme sia la concessione della rateazione sia, in caso di accoglimento dell’istanza, la determinazione del numero delle rate. A tal fine sono stati individuati da Equitalia alcuni indici che, partendo dai dati di bilancio, devono essere utilizzati dagli agenti per stabilire la sussistenza della temporanea situazione di obiettiva difficoltà ai fini dell’accoglimento dell’istanza e quindi anche nell’individuazione del numero di rate. Il tutto, in un’ottica di trasparenza, è stato trasfuso in un software a disposizione anche dei contribuenti in cui, inseriti i dati, è possibile stabilire, oggettivamente, se e in che misura spetta la rateazione. Si tratta però di parametri e indici decisi dall’agente delle riscossione che è evidente non possano avere rilevanza esterna. È verosimile ritenere che, in caso di diniego ovvero di concessione di un numero di rate inferiore a quello richiesto, il contribuente ricorrerà ora al giudice tributario lamentando che pur sussistendo la «temporanea situazione di obiettiva difficoltà» economica richiesta dalla legge, l’agente della riscossione, con i suoi parametri, non l’ha rilevata. A ciò va aggiunto che, se si mettono da parte i criteri previsti da Equitalia, in questi periodi non è difficile per un contribuente sostenere una temporanea situazione di difficoltà economica. Il secondo aspetto problematico concerne la presenza nella cartella, per la quale viene negata la rateazione, di debiti non tributari (ad esempio previdenziali). In questi casi la giurisdizione, secondo l’orientamento della Cassazione, non è del giudice tributario, con tutte le conseguenze che ne derivano (doppia impugnazione per la stesa cartella, giudicati differenti eccetera). Sarebbe auspicabile, a questo proposito, in un’ottica di riduzione dei riti e di semplificazione delle procedure, una rivisitazione delle tutele nella fase della riscossione conseguente ad una cartella, con l’assegnazione di tutte le questioni (fermo, ipoteca, rateizzazione) al giudice tributario, a prescindere se il debito abbia natura tributaria o previdenziale o sanzionatoria.
Sulle rate ricorso al giudice tributario
Cassazione. Contro il diniego di Equitalia si può chiamare in causa la commissione
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