La manovra correttiva all’esame del Senato torna sulla natura della tariffa d’igiene ambientale con una norma interpretativa che ne sancisce il carattere tariffario; in questo modo il legislatore vorrebbe risolvere il problema aperto dalla sentenza 238/2009 della Corte costituzionale, che ha stabilito la natura tributaria facendo decadere l’Iva dalla Tia e aprendo la strada a possibili rimborsi dell’imposta pagata in passato. L’articolo 14, comma 33, del Dl 78/10 stabilisce che la natura della tariffa «di cui all’articolo 238 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152» non è tributaria, e che le relative controversie sorte dal 31 maggio 2010 (data di entrata in vigore del Dl 78/10) «rientrano nella giurisdizione dell’autorità giudiziaria ordinaria». La norma in realtà non risolve i problemi. In primo luogo si riferisce a un prelievo ? la tariffa del Codice ambientale ? non ancora in vigore, perché manca il regolamento statale previsto dall’articolo 238 del Dlgs 152/06, in assenza del quale «continuano ad applicarsi le discipline regolamentari vigenti ». L’efficacia della norma viene vanificata dal riferimento all’articolo 238 del Dlgs 152/06, attualmente in “stand-by”, rendendo del tutto inutile la sua valenza interpretativa, che non può avere effetti retroattivi nei confronti di una disposizione non ancora applicabile. Va ricordato poi che il punto di partenza è la Tia del Dlgs 22/97, attualmente applicato da 1.200 comuni per un bacino di utenza di oltre 17 milioni di cittadini. L’intervento interpretativo avrebbe dovuto quindi riguardare il Dlgs 22/97, ma in ogni caso si sarebbe scontrato con l’orientamento della Corte costituzionale (decisioni 238/09, 300/09 e 64/10) e delle sezioni unite della Cassazione (decisioni 8313/10 e 14903/10), che hanno sancito la natura tributaria della Tia. Deve quindi escludersi la possibilità di integrare la disposizione con il riferimento all’articolo 49 del Dlgs 22/97 per vari motivi. La natura giuridica della tariffa non può essere attribuita dal legislatore come se fosse un’etichetta, ma dipende dalla disciplina del prelievo. Una norma di interpretazione autentica sarebbe incostituzionale (quindi non troverebbe applicazione per fatti precedenti alla sua entrata in vigore) perché attribuirebbe un significato non ricompreso nell’area semantica della disposizione. Il legislatore insomma non può attribuire alla Tia natura privatistica: lo hanno affermato le sezioni unite della Cassazione con la sentenza 8313/10, dove si evidenzia che fino a quando il prelievo resterà ancorato a un presupposto stabilito ex lege, senza possibilità di scelta da parte del soggetto passivo, l’obbligazione avrà necessariamente natura tributaria. Oggi quindi non esiste alcun margine per giungere alla conclusione che si tratti di un corrispettivo. Alle stesse conclusioni si dovrebbe giungere per la tariffa del codice ambientale, il cui presupposto impositivo è tuttora ancorato alla mera occupazione dei locali e non all’effettiva produzione dei rifiuti; inoltre la natura tributaria dovrebbe addirittura risultare accentuata dalla previsione degli «indici reddituali», che costituiscono i parametri tipici dell’ «imposta». Occorre dunque che nel maxiemendamento che sarà presentato nei prossimi giorni alla legge di conversione del Dl 78/2010 il legislatore cambi la propria posizione, se si vuole evitare un ulteriore intervento della Corte costituzionale.
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