La manovra introduce la sanzione personale per la violazione del Patto di stabilità interno. Dall’entrata in vigore del Dl 98/2011, infatti, i contratti di servizio e gli altri atti di regioni ed enti locali elusivi delle regole del Patto sono colpiti da nullità. Inoltre, qualora la Corte dei conti accerti che il rispetto del Patto sia stato artificiosamente conseguito grazie a un’errata imputazione di entrate e/o uscite rispetto ai pertinenti capitoli di bilancio o ad altre forme elusive, gli amministratori e il responsabile del servizio finanziario che li abbiano posti in essere, possono essere condannati, rispettivamente, a una sanzione pecuniaria fino a un massimo di 10 volte l’indennità di carica percepita e fino a 3 mensilità del trattamento retributivo, al netto degli oneri fiscali e previdenziali. È una forma di responsabilità amministrativa di tipo sanzionatorio, simile a quella che prevede una sanzione parametrata all’indennità percepita, per gli amministratori degli enti territoriali che ricorrano al debito per finanziare spese non d’investimento (articolo 30, comma 15, della legge 289/2002). Ma torniamo alla norma della manovra (articolo 20, commi 10, 11 e 12) che facendo perno sulla nullità degli atti e sulla responsabilità personale, vuole scoraggiare manovre elusive nella gestione finanziaria, finalizzate al conseguimento formale-cartolare degli obiettivi del Patto, senza tuttavia che a ciò si coniughi un rispetto sostanziale degli stessi. Fra gli artifici contabili più frequenti, si possono elencare: – l’errata imputazione di spese in sezioni di bilancio non rilevanti ai fini del Patto (soprattutto nei servizi in conto terzi/partite di giro); – il ricorso strumentale a rapporti finanziari e di servizio con i soggetti partecipati; – la mancata iscrizione in bilancio di spese da sostenere e la relativa formazione di debiti fuori bilancio; – il rinvio agli esercizi successivi di pagamenti eccedenti i limiti imposti dal Patto. Sulla questione dell’indebitamento, la Corte dei conti (sezioni riunite, sentenza 12/2007) ha fissato alcuni principi che sembrano applicabili anche alla sanzione in tema di Patto, chiarendo la natura dell’ammenda di cui all’articolo 30, comma 15, della legge 282/2002: – il procedimento per la sua applicazione è quello previsto per l’ordinario giudizio di responsabilità. Non è utilizzabile, invece, la procedura relativa ai giudizi a istanza di parte; – per la condanna è necessario che ricorra l’ordinario elemento soggettivo del dolo o della colpa grave; – il destinatario della sanzione è l’ente di appartenenza degli amministratori e non l’erario. Per il calcolo dell’importo, la configurazione dell’elemento soggettivo, l’intermediazione di soggetti strumentali dell’ente pubblico e le modalità di dichiarazione della nullità, si segnalano le decisioni 87/2008 della Corte conti Umbria, 444/2010 della Corte conti – sezione 1° giurisdizionale centrale e 473/2011 della Corte conti Lazio, nonché l’ordinanza 27092/2009 della Cassazione. Il mancato rispetto del Patto, tuttavia, presenta problemi applicativi maggiori. Nel caso del debito, infatti, sono chiari il momento e l’atto violativo del precetto (l’esecuzione del contratto di finanziamento in violazione dell’articolo 119, comma 6, Costituzione). Inoltre è agevole individuare i soggetti responsabili (gli amministratori che hanno deliberato il ricorso al debito). In tema di Patto, invece, è più difficile identificare i comportamenti elusivi e i relativi responsabili. La casistica, difatti, è più ampia: alcuni esempi-tipo – quali lo stanziamento di maggiori spese per garantire servizi essenziali, oppure l’utilizzo strumentale degli enti partecipati per le assunzioni o, ancora, gli artifici di bilancio – sono elencati nella tabella qui sotto. Occorreranno accertamenti complessi per qualificare i provvedimenti e gli atti elusivi, anche di tipo omissivo e per individuare i responsabili, l’apporto causale e il profilo soggettivo, tenendo presente il ruolo assunto non tanto nella compagine amministrativa, quanto nell’iter procedurale che ha originato lo sforamento. Riguardo alle modalità di violazione, inoltre, andrà precisato il giudice competente a dichiararne la nullità. Se per i contratti la Cassazione, nell’ordinanza 27092/2009, stabilisce la competenza dell’autorità giudiziaria ordinaria (e non della Corte dei conti), nel caso di provvedimenti e atti amministrativi le modalità sono ancora da definire. Ancor più complesso, infine, è il caso dei comportamenti di fatto (ad esempio: una fattura nel cassetto), per i quali è concettualmente arduo configurare una nullità in senso tecnico. Nonostante le difficoltà, è apprezzabile il tentativo del legislatore di porre un altro tassello nella costruzione di un sistema di sanzioni personali per prevenire comportamenti opportunistici in materia di finanza pubblica.
Le possibili violazioni
01 | LE SPESE Violazioni volontarie, frutto di analisi costi-benefici, quali: l’esecuzione di pagamenti in conto capitale ultra Patto per evitare sofferenze di fornitori ed effetti depressivi sull’economia locale; lo stanziamento di maggiori spese per garantire servizi ritenuti essenziali.
02 | I CONTRATTI Atti amministrativi o rapporti contrattuali diretti ad eludere i vincoli, quali l’utilizzo strumentale degli enti partecipati nel campo delle assunzioni, del finanziamento e dell’imputazione di costi che sarebbero propri del bilancio dell’ente.
03 | NEL BILANCIO Meri artifici di bilancio, quali: l’allocazione di spese rilevanti ai fini del Patto nei servizi in conto terzi; comportamenti di fatto (ad esempio l’occultamento di fatture) utili al raggiungimento degli obiettivi, ma che portano alla formazione di debiti fuori bilancio.
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