«Ci sono le condizioni per un’intesa sulle riforme sulla base dell’apertura fatta in direzione del Pd da Renzi», fanno sapere i 28 riuniti in mini-assemblea. Un via libera tecnico, si può dire, che arriva dopo quello politico da parte dell’ex segretario Pier Luigi Bersani e a cascata da parte di Roberto Speranza, figura di riferimento per la sinistra democratica. «Si dice che gli elettori decidono e i consigli regionali ratificano – dichiara già in mattinata Bersani -. È un correttivo, una riduzione del danno di quel combinato disposto tra legge elettorale e legge costituzionale che abbiamo sempre posto come problema».
A convincere alla fine anche i più riottosi senatori “dissidenti” (tranne un gruppetto di 4 o 5 che probabilmente non voterà comunque a favore della riforma, tra i quali Mineo, Tocci, Ricchiuti e Mucchetti) è la decisione di cambiare la parola «designati» con la parola «scelti». Dunque i futuri senatori saranno?«scelti» dagli elettori nell’ambito dell’elezione dei Consigli regionali: sarà poi la legge ordinaria a disciplinare nei dettagli le modalità (listino o preferenza diretta). Le altre due modifiche condivise riguardano il ritorno della funzione di raccordo tra la Ue e lo Stato e l’elezione autonoma invece che in seduta comune da parte del nuovo Senato di 2 dei 5 giudici costituzionali. Mentre sul Titolo V l’orientamento è quello di intervenire più avanti nell’iter, con riformulazioni, ove ci fosse accordo politico anche con la Lega di Roberto Calderoli. Perché il recordman degli emendamenti (dice che ne sta preparando 7- 8 milioni) non ha ancora deciso se presentarli tutti o se presentarne solo 7 o 8.
Come che sia, in attesa della decisione del presidente del Senato Pietro Grasso sull’emendabilità dell’articolo 2 (se cioè aprire tutto l’articolo agli emendamenti, come chiede l’opposizione, oppure convergere sulla decisione già presa dalla Finocchiaro di dichiarare emendabile solo il comma 5 di quell’articolo), la minoranza del Pd non molla del tutto il punto e annuncia che i suoi 17 emendamenti sull’elezione diretta del Senato saranno comunque presentati. «E se poi Grasso apre all’emendabilità di tutto l’articolo 2 che facciamo? Discutiamo e votiamo solo gli emendamenti del M5S?», spiega uno dei “dissidenti”. Insomma tutto è appeso al filo di queste ultime ore e tutto, alla fine, è appeso alla decisione che prenderà Grasso. Il quale in ogni caso renderà nota la sua scelta, emendemento per emendamento, solo quando si passerà a votare sull’articolo 2. E se alla fine i faldoni minacciati da Calderoli dovessero essere davvero milioni, occorrerà almeno qualche giorno per conoscere il responso.
Intanto ieri è proseguita in Aula la discussione generale sulla riforma del Senato e del Titolo V, e proprio Grasso si è trovato al centro di un’accesa polemica da parte delle opposizioni per la sua decisione di limitare i tempi degli interventi a dieci minuti. «Bel contingentamento», ha replicato il grillino Alberto Airola mentre Calderoli ha rinunciato al suo intervento commentando: «È un contingentamento prematuro e riduttivo rispetto alle discussione. È giusto che il dibattito si svolga anche in questa sede e non, come è accaduto, tutto nelle direzioni del Pd». Pronta la replica dell’interessato: «Tutto avrei potuto immaginare tranne che una decisione che è frutto di prerogative presidenziali potesse essere interpreatata come un cedimento a eventuali pressioni.Siccome il senatore Mauro ha insinuato questo, le rispondo sul punto. Non le permetto di pensare né di sospettare una cosa del genere».
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