Stop al Pil, arriva l’indice del benessere Italia indietro, ma prima degli Usa

Repubblica
3 Settembre 2010
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MILANO – Basta con il Pil, arriva il nuovo indice Bcfn, creato da alcune personalità riunite in un pensatoio targato Barilla, più attento al benessere delle persone, e a variabili non solo economiche come stili di vita, salute e alimentazione, istruzione e cultura, ambiente e libertà politica. L’indice, che sarà presentato oggi da Jean-Paul Fitoussi all’avvio del Workshop Ambrosetti a Cernobbio, è già stato applicato a dieci tra i principali paesi mondiali, producendo sorprese e confermando verità che il prodotto interno lordo non sa rappresentare. In base alla nuova classificazione, l’Italia è promossa per salute e stili di vita, mentre latita su istruzione, welfare, reti sociali. E si colloca a metà della top ten con 4,85 punti. I paesi più virtuosi sono ? poco sorprendentemente ? le socialdemocrazie scandinave Svezia (7,23) e Danimarca (6,88). Segue il Giappone (6,61), poco sopra quota 6 c’è la triade dell’Europa matura (a scendere, Francia, Regno Unito, Germania). Poi l’Italia, e peggio dell’Italia la Spagna (4,51), gli Stati Uniti (3,88), la Grecia (3,29). Il colosso economico del mondo sconta i cattivi indicatori su stili di vita, salute e sostenibilità di consumi e ambiente. Il modello scandinavo è quello che integra meglio istruzione e welfare con la sfera familiar-sociale, e con le libertà dell’individuo. Tutto il contrario che nei paesi mediterranei, mentre gli Stati Uniti fanno storia un po’ a sé. Si lamenta da anni, con il suffragio di autorevoli studiosi come Joseph Stiglitz o Amartya Sen, che il prodotto interno lordo è insufficiente a misurare il grado di avanzamento nel tempo di un’area. Essendo, il Pil, la somma del valore di tutti i beni e servizi prodotti in un paese (di solito in un anno) c’è il caso, concreto, che si riveli carente a misurare le reali condizioni di vita della sua popolazione. Fino al paradosso ricorrente tra economisti, per cui si può far salire il Pil e creare lavoro anche solo riempiendo e svuotando le buche stradali, con effetti discutibili sul benessere generale. Paradossi e critiche noti da anni, come da anni viene calcolato un “indice della felicità” dei paesi, con risultati che spesso ribaltano il classico schema tra Nord e Sud del mondo. Il problema, oggi come ieri, è casomai riuscire a diffondere e affiancare, nella prassi di economisti, banchieri e uomini di impresa, gli indicatori più ampi e alternativi al poco amato Pil. La metodologia del nuovo indice Bcfn, invece, soppesa e pondera per un terzo gli stili di vita (cui contribuiscono gli indicatori salute e alimentazione), per un terzo ricchezza e sostenibilità (quindi reddito, patrimoni, qualità ambientale nel tempo), e per il terzo restante le istanze sociali e personali (educazione, welfare e famiglia, libertà democratiche). Nella sottoclassifica “stili di vita” vince il Giappone (7,97), l’Italia è quarta (6,10) e gli Usa addirittura ultimi (3,24). In quella “ricchezza e sostenibilità” prevale la Danimarca (7,78), settima l’Italia (5,42%), ultima Grecia (2,61). E la serie basata su criteri sociali e politici vede prima la Danimarca (8,16) e ultime Italia (2,73) e Grecia (2,51). Del Barilla center for food & nutrition, che formula proposte con approccio multidisciplinare, sono garanti tra gli altri gli economisti Fitoussi e Mario Monti, l’oncologo Umberto Veronesi e i sociologi Claude Fischler e Joseph Sassoon.

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