La maggioranza manca l’obiettivo di chiudere almeno l’esame di tutti gli emendamenti alla riforma costituzionale prima della votazione per eleggere il nuovo capo dello Stato: restano ancora da votare almeno 600 emendamenti, e oggi non si terrà seduta a Montecitorio. Tutto slitta, dunque, a dopo il giuramento del successore di Giorgio Napolitano.
È questo l’epilogo di una giornata alla Camera caratterizzata da tensioni e rallentamenti per il disegno di legge costituzionale, oltretutto con le assemblee di gruppo in vista del voto per il Colle. La scorsa settimana i partiti si erano accordati per fermarsi alle sole correzioni al testo, rinviando gli ordini del giorno e il voto finale a dopo il giuramento del nuovo Capo dello Stato. Ieri, al termine di una riunione del comitato dei Nove, i lavori sarebbero dovuti riprendere nel primo pomeriggio. Senonché un emendamento all’articolo 10 del ddl relativo all’iter di approvazione delle leggi, presentato nel frattempo dai relatori in Commissione Francesco Paolo Sisto (Forza Italia) ed Emanuele Fiano (Pd), ha scatenato forti proteste nell’opposizione. Lega Nord, Sinistra e libertà e M5S hanno chiesto assieme una sospensione dell’Aula di Montecitorio per un ulteriore approfondimento dei subemendamenti, ma il rinvio alle 21 è stato respinto a larga maggioranza con voto procedurale.
Gli attriti sono culminati così nella decisione di Sel di abbandonare per polemica l’emiciclo anche se in seguito la presidenza ha concesso una pausa di un’ora e mezzo. «Il Pd ha scelto di trattare la Carta fondamentale, la Costituzione, come un tappetino. Non mi sembra che concedendo tempi così ristretti per fare gli emendamenti si consenta un lavoro ordinato e consapevole. Se questo è il clima con cui vogliamo arrivare alle elezioni al Quirinale, siamo sulla cattiva strada», ha attaccato il capogruppo di Sel a Montecitorio Arturo Scotto, motivando la decisione. Più tardi la discussione è ripartita dall’esame dell’articolo 30 in materia di poteri delle Regioni per proseguire fino a tardi: è stato l’ultimo articolo a ricevere via libera.
Obiettivo della modifica targata Sisto-Fiano è rendere più “snello” l’iter di produzione delle norme, abbassando il quorum affinché sia la Camera che il Senato possano respingere le richieste di modifica delle leggi avanzate dall’altro ramo del Parlamento. L’emendamento prevede infatti che alla Camera sia sufficiente la maggioranza semplice per respingere le richieste di modifica proposte dal Senato e non le maggioranze variabili come invece nel testo licenziato dalla Commissione. La stessa maggioranza semplice occorrerà al Senato che potrà proporre modifiche alla Camera sulla Stabilità e su quelle leggi che riguardano Roma Capitale, il governo del territorio, la Protezione civile, l’attuazione e l’esecuzione degli accordi internazionali e dell’Unione europea e le leggi che riguardano i poteri delle Regioni e degli enti locali. Se approvato il cambiamento al Senato non servirà più la maggioranza assoluta dei suoi componenti.
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