Il decreto è quello che riscrive in chiave europea le regole dei conti di Regioni ed enti locali, e fra le altre cose prevede l’obbligo di iscrivere a bilancio le poste in entrata e in uscita nella competenza dell’anno in cui l’obbligazione scade, e apre la strada al consolidamento in un documento unico dei risultati dell’ente e delle sue partecipate. Tra gli obiettivi chiave della nuova normativa, su cui è già stata avviata la sperimentazione, c’è l’armonizzazione dei bilanci, che nel caso delle Regioni obbedivano finora a discipline territoriali rendendo impossibili i confronti fra voci omogenee: in questa chiave, un passaggio fondamentale è rappresentato dalle regole sulle voci sanitarie, che impegnano ormai l’80% delle risorse regionali e che nel decreto trovano una disciplina dettagliata su come valutare contributi, ammortamenti, rimanenze e così via.
A finire sotto la censura della Consulta sono due passaggi del decreto (articolo 29, nella parte relativa ai territori a Statuto speciale, e articolo 37, comma 1), attraverso i quali però passa l’intera applicazione delle norme alle Regioni e Province autonome. In particolare, non sopravvive all’esame costituzionale la previsione secondo cui le regole di bilancio vincolano in via «immediata e diretta» questi territori in caso di mancato accordo per completare nei tempi la procedura ordinaria di modifica degli Statuti.
La Corte individua in questo meccanismo un difetto fondamentale, in base a un’argomentazione che può interessare l’intera estensione delle regole finanziarie (federalismo fiscale in primis) alle Regioni autonome. La legge delega (articolo 1, comma 2 della legge 42/2009) prevedeva che l’applicazione alle Regioni a Statuto speciale delle norme federaliste sarebbe avvenuta «in conformità con gli statuti».
Questo, per di più, avrebbe potuto riguardare solo le regole relative a Città metropolitane, perequazione infrastrutturale e vincoli di finanza pubblica. Il meccanismo non prevede deroghe, per cui l’estensione «automatica» delle norme è illegittima. Tanto più, hanno lamentato Valle d’Aosta e Provincia di Trento, in materie come la sanità, la cui spesa è interamente a carico dei bilanci locali.
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