Stabilità 2016, le agevolazioni alle fusioni di comuni non si tocchino

I capitoli più critici sono quelli relativi a rimborso TASI, pareggio di bilancio e spese del personale

27 Novembre 2015
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C’è profonda preoccupazione riguardo alcuni punti contenuti nel d.d.l. stabilità 2016 da parte di moti sindaci, in particolare sulle agevolazioni previste per i comuni nati da fusione.
A richiamare l’attenzione del legislatore sulla possibilità di inserire dei correttivi è il presidente di Anci Toscana Matteo Biffoni, che in una lettera al Governo ha chiesto di “mantenere invariate le agevolazioni finora previste per i comuni nati da fusione, considerati strumento di innovazione amministrativa del nostro Paese”.

Quali sono le agevolazioni di cui godono le fusioni?
Il comune nato da fusione, essendo escluso per legge dall’applicazione del Patto di stabilità, ha di conseguenza un regime agevolato per quanto attiene le spese del personale, ossia il rispetto del comma 562 anziché del comma 557 dell’art. 1 legge 296/2006. Inoltre il comune nato da fusione ha la possibilità di ricoprire il turn-over con il 100% delle cessazioni. Il comma 9 del presente articolo porta tale percentuale al 25%.

“Andare ad incidere con misure restrittive sul processo virtuoso già in atto, significherebbe interrompere drasticamente un modello di sviluppo tecnico-istituzionale che sta sempre più affermandosi, con benefici in primis per i cittadini”, scrive Biffoni nella lettera inviata a Claudio De Vincenti, sottosegretario alla Presidenza del Consiglio, a Pierpaolo Baretta, Sottosegretario all’Economia e a Gianpiero Bocci, sottosegretario all’Interno.

Biffoni precisa inoltre che i capitoli più critici sono quelli relativi a “rimborso TASI”, “pareggio di bilancio” e “spese del personale”, e allega una nota sui i punti del d.d.l. da modificare per venire incontro alle esigenze dei comuni.

Esenzione per abitazione principale, i macchinari imbullonati, i terreni agricoli
È previsto che il mancato gettito dell’esenzione TASI sia rimborsato in termini di gettito effettivo relativo all’anno 2015. I comuni suddetti per il 2014 e 2015 non hanno applicato la TASI, deliberando l’aliquota a zero, utilizzando in mancanza della stessa, per il pareggio del bilancio, i contributi statali e regionali riconosciuti per la fusione. L’introduzione della TASI, anche per l’abitazione principale è stata prevista molto spesso dal 2016, nel Bilancio Pluriennale 2015/2017 approvato in corso d’anno. Se le norme non prevederanno forme di compensazione anche per i comuni che non hanno applicato la TASI, o l’hanno applicata in misura ridotta, saranno nuovamente penalizzati i comuni virtuosi. Per questi enti saranno cancellati spazi finanziari che non potranno essere compensati in futuro da forme di entrata alternativa, con pesanti ripercussioni sui servizi resi.
È opportuno che le norme che disciplineranno i 2 rimborsi ai comuni tengano conto di tali situazioni e, pertanto, vengano individuate modalità di determinazione del quantum da riconoscere in compensazione diverse da quelle previste attualmente nel ddl Stabilità 2016. L’entità della compensazione potrebbe essere determinata facendo riferimento alla capacità virtuale di tassazione che la norma in discussione va a cancellare.

Regole di finanza pubblica per gli enti territoriali
L’eliminazione del Patto di stabilità per tutti i comuni e l’introduzione, seppur migliorativa rispetto alla legge 243/2012, del pareggio di bilancio (come disciplinato dai commi 3 e 4) risulta estremamente penalizzante per l’ente nato da fusione in termini di investimenti già programmati e finanziati con indebitamento o avanzo di amministrazione.

Giovani eccellenze nella pubblica amministrazione
Il comune nato da fusione, essendo escluso per legge dall’applicazione del Patto di stabilità, aveva di conseguenza un regime agevolato per quanto attiene le spese del personale, ossia il rispetto del comma 562 anziché del comma 557 dell’art. 1 legge 296/2006. Inoltre il comune nato da fusione aveva la possibilità di ricoprire il turn-over con il 100% delle cessazioni. Il comma 9 del presente articolo porta tale percentuale al 25%.

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