TORINO – All’ombra delle Alpi occidentali si accelera sul biogas, per dare reddito e risposte all’agricoltura: a frenare, però, ci pensano norme in continua evoluzione e incertezza sugli incentivi. Intanto si lavora su tecnologie sempre più efficienti, anche per allontanare la scure europea della direttiva nitrati. In Piemonte gli impianti di biogas nel settore agrozootecnico risultano 80 a fine 2010, di cui 18 in funzione (con raddoppio previsto entro l’anno), 36 approvati e 26 in autorizzazione; in prevalenza (circa l’80%, superiore alla media nazionale) hanno la doppia alimentazione, cioè mix di reflui zootecnici e colture agroenergetiche. Tumultuoso il trend dell’ultimo quadriennio: il totale era 46 nel 2009, 31 a fine 2008 e appena 3 nel 2007 (dati Deiafa). Secondo le previsioni, entro il 2012 la potenza installata potrà raggiungere i 30 megawatt elettrici, e nella crescita delle fonti rinnovabili verso il 2020 il potenziale è fino al 4% della bolletta energetica regionale. La stima degli investimenti messi in campo è tra i 120 e i 150 milioni, considerando una media di 5mila euro/kilowatt per la realizzazione di un impianto. Piemonte da cenerentola a locomotiva, con lavori in corso per armonizzare forze imprenditoriali agricole e industriali, anche con la Lombardia, nel nuovo Distretto Agroenergetico Italia Nord-Ovest (promosso da EnergEtica Onlus, in un allargamento del distretto lombardo, viste le realtà attive nell’area tra alessandrino e pavese): «Lo scenario è molto diverso rispetto a tre anni fa – spiega Piero Mattirolo, ad di EnergEtica – e l’attenzione è forte». Ci sono però anche le criticità: impianti sovradimensionati, carichi organici non sempre ottimali, vasche di stoccaggio del digestato senza recupero del biogas residuo. E poi solo una piccola parte del calore prodotto (meno del 10%) è utilizzata; il resto viene disperso (un’eccezione positiva è a Candiolo, dove un impianto fornisce costantemente acqua calda all’istituto oncologico). La soluzione è in impianti di nuova generazione che ottimizzano i processi recuperando energia termica, abbattendo le emissioni e riducendo l’apporto di biomasse a vantaggio di sottoprodotti. «Il Piemonte – dice Viller Boicelli, direttore del Consorzio italiano biogas – produce ogni anno 14 milioni di tonnellate di substrati organici di diversa natura e qualità che potrebbero essere usati in processi di digestione anaerobica per la produzione di energia elettrica e termica. Il biogas ha una forte potenzialità di crescita: la multifunzionalità dell’agricoltura passa anche attraverso una forte consapevolezza della complementarietà tra attività tradizionale e agroenergie». Al centro deve però esserci sempre l’impresa agricola, sottolineano le organizzazioni del comparto, che guardano con attenzione all’utilizzo agronomico del digestato ma puntano il dito contro leggi comunitarie considerate penalizzanti, auspicando deroghe ai limiti (170 e 340 kg di azoto per ettaro) e un aggiornamento della mappa delle “zone vulnerabili da nitrati”: «Siamo passati da una visione distaccata dall’ottica aziendale, con maxi-impianti, a una più corretta – afferma Roberto Abellonio, direttore di Confagricoltura Cuneo – a servizio dell’impresa sia per l’integrazione al reddito sia per l’abbattimento dell’azoto».
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