Spese locali, limiti generali

Autonomie. Per la Consulta lo Stato non può fissare vincoli puntuali a Regioni ed enti territoriali

Il Sole 24 Ore
5 Giugno 2012
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Le norme che individuano limiti di spesa puntuali per le amministrazioni statali costituiscono solo norme di principio anche per gli enti locali, oltre che per le Regioni.
A dirlo è la sentenza della Corte costituzionale numero 139 del 23 maggio-4 giugno 2012, secondo cui le disposizioni specifiche contenute nell’articolo 6 della legge 122/2010 (conversione del Dl 78/2010) non operano in via diretta, ma soltanto come disposizioni di principio, anche in riferimento agli enti locali e agli altri enti e organismi che fanno capo agli ordinamenti regionali.
Il dato normativo pone una serie di vincoli rilevanti, tra i quali il contenimento entro determinate percentuali della spesa del 2009 per studi e incarichi di consulenza, per relazioni pubbliche, convegni, mostre, pubblicità e rappresentanza (20%), nonchè per le missioni e per la formazione (50%).
Alcune Regioni erano ricorse alla Consulta lamentando un’invasione della loro potestà legislativa da parte dello Stato in materia di coordinamento della finanza pubblica, in quanto da quelle previsioni non poteva estrapolarsi alcun principio o limite complessivo di spesa, mentre invece il dettaglio delle stesse precludeva qualsiasi possibilità di autonomo adeguamento.
Secondo la Corte costituzionale, però, il legislatore statale può, con una disciplina di principio, legittimamente imporre agli enti autonomi, per ragioni di coordinamento finanziario connesse ad obiettivi nazionali, condizionati anche dagli obblighi comunitari, vincoli alle politiche di bilancio, anche se questi si traducono, inevitabilmente, in limitazioni indirette all’autonomia di spesa degli enti.
Questi vincoli possono considerarsi rispettosi dell’autonomia delle Regioni e degli enti locali quando stabiliscono un limite complessivo, che lascia agli enti stessi ampia libertà di allocazione delle risorse fra i diversi ambiti e obiettivi di spesa.
La Corte costituzionale ha poi elaborato nella motivazione (punto 6 della sentenza) un’interpretazione ricostruttiva anche in relazione al comma 20 dell’articolo 6 della legge 122/2012 affermando che la previsione in esso contenuta, nello stabilire che le disposizioni dell’articolo non si applicano in via diretta alle regioni, alle province autonome e agli enti del Servizio sanitario nazionale, per i quali costituiscono disposizioni di principio ai fini del coordinamento della finanza pubblica, va intesa nel senso che le norme impugnate non operano in via diretta, ma solo come disposizioni di principio, anche in riferimento agli enti locali e agli altri enti e organismi che fanno capo agli ordinamenti regionali.
Pertanto, le amministrazioni locali dovranno perseguire l’obiettivo di riduzione della spesa complessivamente determinato dall’articolo 6 del decreto sviluppo, ma potranno, al pari delle Regioni, scegliere liberamente le tipologie di spesa alle quali apportare i tagli che consentano di realizzare il risultato previsto.

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