Dopo il no della Consulta alle ordinanze dei sindaci-sceriffi, gli enti locali si stanno attrezzando per modificare la regolamentazione in attesa di modifiche normative o chiarimenti da parte del ministero dell’interno. In merito alle ordinanze del Comune di Roma, “il dossier dell’Avvocatura indica delle soluzioni e noi siamo in grado di procedere trasformando le ordinanze: si tratta di misure tampone in attesa di una legge nazionale per fare in modo che il potere di ordinanza venga ridefinito secondo le indicazioni della Corte costituzionale. In questo modo la maggior parte dei provvedimenti resterà in piedi”. Lo ha detto il sindaco, Gianni Alemanno, aggiungendo che nella definizione delle ordinanze sulla sicurezza ne verrà sottolineato “il carattere d’urgenza e necessità. Inoltre – ha concluso – tali interventi non devono avere durate indefinite ma essere specifici per tempo e territori”. Il primo cittadino di Vicenza, Achille Variati annuncia di aver “disapplicato” le ordinanze. E lo fa non senza polemica. “Prima pensavamo fossero armi spuntate – dice Variati – ora sappiano che il governo ci aveva dato addirittura armi giocattolo per combattere il degrado delle nostre città”. Variati, sentito il prefetto, ha formalizzato l’atto di disapplicazione delle ordinanze che aveva emanato in forza del decreto Maroni. “Le ho dovute di fatto congelare dopo la sentenza della Consulta che ha dichiarato incostituzionale il provvedimento del governo su cui si reggevano. Dopo quella sentenza, infatti, non sono più applicabili ed era doveroso fare chiarezza nei confronti dei cittadini e dei tutori della legge”. Il sindaco si riferisce all’ordinanza antiprostituzione, a quella contro il bivacco abusivo con camper e furgoni, al divieto di mendicità molesta e ad alcuni aspetti del recente provvedimento sui locali. Saltano le ordinanze e saltano le pesanti sanzioni previste. A proposito dei pubblici esercizi, non sono più applicabili gli articoli 7, 8 e 9 che riguardano la possibilità di limitare gli orari dei locali fracassoni, le limitazioni degli intrattenimenti musicali e gli orari dei pubblici spettacoli nei bar. “Sulla sicurezza pubblica – spiega il sindaco – il governo ha progressivamente tagliato i fondi ai comuni, alle regioni, alle forze dell’ordine, alle procure. Ai sindaci aveva dato l’arma dell’ordinanza che subito avevamo definito spuntata, perché priva di fondi e di grande efficacia. Oggi abbiamo capito che quell’arma è addirittura giocattolo, cioè totalmente inutilizzabile. Non per colpa della Corte costituzionale, che dice cosa è legittimo e cosa non lo è. Colpevole è il Governo. A Roma c’è solo una cosa che adesso devono fare: serve una legge del Parlamento”. E vediamo la situazione a Venezia, dove rientreranno nel Regolamento di polizia urbana del comune gli interventi per contrastare l’accattonaggio molesto, il commercio abusivo e la prostituzione di strada che la sentenza della Corte costituzionale ha di fatto azzerato. Su proposta del sindaco Giorgio Orsoni, la giunta comunale lagunare ha infatti approvato la modifica del regolamento di Polizia urbana nel quale intende riproporre quel tipo di interventi, proposta che ora dovrà essere discussa dal consiglio comunale. Nel caso del commercio abusivo, ad esempio, l’ordinanza prevedeva il sequestro della merce dei vu’ cumprà: senza quel deterrente, secondo Orsoni, “le multe che il Comune di Venezia può comminare sono assolutamente lievi, mille volte di minor efficacia”. A prevedere azioni di deterrenza sarà quindi il Regolamento comunale (e non un’ordinanza), un orientamento espresso subito anche dal sindaco di Padova Flavio Zanonato circa le multe ai clienti delle prostitute: creando problemi alla circolazione stradale, è pertinente se ne occupi il regolamento comunale. Per la giunta di Venezia, “incolumità pubblica e sicurezza urbana sono beni pubblici di fondamentale importanza”: l’iter per la modifica del Regolamento di polizia urbana consentirà di introdurre in quelle disposizioni, definite “manifestazione di autonomia normative dell’ente locale”, strumenti per agire sui diversi fronti intaccati dalla sentenza della Consulta. Passiamo alla Lombardia e in particolare a Milano dove impazzano le polemiche. “Le ordinanze sono un prodotto di Maroni grazie ai maggiori poteri conferiti ai sindaci con il ‘pacchetto’ sicurezza, rinnegarle significa denigrare il ministro dell’Interno”, afferma il vicesindaco e assessore alla sicurezza, Riccardo De Corato, replicando ad alcune dichiarazioni della Lega Nord, che punta la sua campagna elettorale anche sullo stop alle ordinanze coprifuoco. De Corato ha sottolineato inoltre che il Carroccio è sempre stato entusiasta di quelle ordinanze. “Tanto che il 29 maggio scorso Matteo Salvini – continua – dopo che il sindaco Moratti le aveva adottate per via Padova e Sarpi, chiedeva ‘celuduristicamente’ l’estensione”. “Che ora il Carroccio faccia una virata a 180 gradi è la controprova che sulla sicurezza ha idee confuse e ondivaghe”, ha concluso de Corato, ricordando che è sempre stato ribadito che la fase delle ordinanze coprifuoco è “temporanea e transitoria”.
Sindaci-sceriffi, si corre ai ripari
Dopo la sentenza della Consulta molti enti stanno optando per un trasferimento dei contenuti delle ordinanze sulla sicurezza nei regolamenti comunali. In attesa di una legge nazionale, reclamata a gran voce dai primi cittadini
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