Più energia sulle partite economiche. Non è una richiesta esplicita quella che esce dal primo turno delle amministrative ma sicuramente dalle urne arriva un segnale chiaro al governo: su crescita e lavoro gli italiani si attendono qualcosa di più. Il decreto sviluppo varato due settimane fa dal governo, e presentato da Silvio Berlusconi come una frustata per l’economia, non sembra aver inciso più di tanto sull’esito del voto. Un esito che non si è rivelato certo entusiasmante per l’Esecutivo dopo che lo stesso presidente del Consiglio aveva trasformato le elezioni del 15 e 16 maggio in una sorta di referendum sul proprio operato. Il premier, tra l’altro, nelle prossime settimane dovrà fare i conti con la Lega, che probabilmente cercherà di avere ancora più voce in capitolo nelle scelte dell’esecutivo. Il Carroccio, pur non sfondando nelle grandi città, ha ottenuto un risultato migliore rispetto al Pdl, che consentirà a Bossi di intensificare il pressing per completare al più presto il disegno federalista e di continuare a giocare le sue carte per arginare interventi non troppo graditi alla Lega, come ad esempio alcune liberalizzazioni soprattutto sul delicato versante delle municipalizzate. Sul federalismo non potranno quindi esserci ripensamenti. Così come non ce ne potranno essere sulla linea del rigore per i conti pubblici imposta dal ministro dell’Economia Giulio Tremonti. E non solo perché si tratta di una linea condivisa dalla Lega. La strategia di Tremonti è apprezzata in Europa e prevede già alcuni passaggi obbligati, come quello della cosiddetta “manutenzione” di giugno per garantire la salvaguardia dei fondamentali di finanza pubblica con interventi correttivi per 3-4 miliardi. Resta da capire se il premier, visto il risultato delle urne, cercherà di modificare l’agenda economica del governo, che al momento prevede la conversione del decreto sviluppo, il recupero del disegno di legge annuale sulle liberalizzazioni e l’approvazione da parte del Parlamento del disegno di legge sulla libertà d’impresa attraverso la modifica degli articoli 41, 97 e 118 della Costituzione. Un provvedimento quest’ultimo che però non ha ancora neppure ottenuto il disco verde della commissione Affari costituzionali della Camera dove è all’esame. Sviluppo e fisco sono i due terreni dove si giocherà la vera partita nella maggioranza. Nel primo caso le misure del decreto sviluppo, come il credito d’imposta per la ricerca e le assunzioni al Sud e il pacchetto di semplificazioni per opere pubbliche e pubblica amministrazione, non sembrano essere considerate dagli elettori una terapia sufficiente per ripartire. È pertanto probabile che il governo valuti nuove opzioni anche se resta da superare lo scoglio dei vincoli di bilancio e la resistenza della Lega ad aprire i rubinetti per interventi in favore del Mezzogiorno. Quanto al fisco, il premier più volte ha premuto su Tremonti per accelerare la riforma. I quattro tavoli di studio istituiti dal ministro stanno ultimando il loro lavoro. L’obiettivo resta quello di passare da un sistema imperniato sulla tassazione delle persone a un prelievo sulle “cose” e sostanzialmente più semplice, sfrondando la giungla di agevolazioni e detrazioni. Il tutto facendo leva, secondo lo schema – Tremonti, sul-l’autofinanziamento: le risorse arriverebbero dalla riduzione di spese e sprechi ancora presenti nel bilancio pubblico. L’attuale tabella di marcia prevede che il governo chieda al Parlamento una delega per la riforma in autunno per poi arrivare, entro l’autunno del 2012, al varo definitivo del nuovo Fisco. C’è poi il capitolo liberalizzazioni. Proprio il ritardo accumulato su questo versante è finito, insieme alla mancata riduzione delle tasse, nell’elenco delle critiche mosse ieri sul web dai militanti del Pdl. Uno degli emblemi di questo ritardo è considerato il Ddl annuale sulla concorrenza (con interventi su benzina, assicurazioni e farmaci): doveva essere varato un anno fa ma, nonostante i ripetuti tentativi, non ha ancora visto la luce. Sulle municipalizzate ci sono poi le incognite legate all’esito del referendum sull’acqua pubblica che è in calendario il 12 giugno e che in caso di esito favorevole per i proponenti bloccherebbe il processo di liberalizzazione del disegno di legge Ronchi-Fitto. Ad avere la strada spianata è invece il federalismo. Già nei prossimi giorni la Camera comincerà a discutere il Ddl sulla proroga dal 20 maggio al 20 novembre 2011 del termine per il completare il processo di attuazione, necessaria anche per apportare i necessari correttivi al decreto sul fisco municipale. Appare già scontato che la Lega non consentirà tentennamenti. Cinque decreti attuativi sono già stati approvati, un sesto (fondi europei) ha ottenuto l’ok della Bicameralina e altri due (armonizzazione bilanci pubblici e premi e sanzioni) sono in dirittura di arrivo.
Scrivi un commento
Accedi per poter inserire un commento