L’aveva promesso il Governo che avrebbe tenuto fermo: servono 5mila farmacie in più. E quasi 5mila farmacie private in più – intorno a 4.600-4.700 – il decreto legge sulle liberalizzazioni finirà per portare con sé nel testo che domani sbarcherà in aula a palazzo Madama. In una estenuante trattativa proseguita anche ieri fino a notte inoltrata, dentro e fuori la commissione Industria sempre assediata dalle lobby, il nodo delle farmacie è stato pressoché l’ultimo a tentare di essere sciolto con l’arrivo al Senato del ministro della Salute, Renato Balduzzi. Con una soluzione che, ancora una volta, finirà per scontentare tutti, tante e tali sono le differenti richieste delle parti in causa. I farmacisti titolari da una parte, i parafarmacisti e le parafarmacie dall’altra. Col Pdl sensibile ai desiderata dei titolari, il Pd dall’altra ma col Governo più vicino alle sue posizioni, benché disposto (ma non troppo) a mediare sul suo testo iniziale.
La soluzione è legata anzitutto al quorum del rapporto tra farmacie e abitanti: il testo del decreto indica una farmacia ogni 3mila abitanti. Si arriverà invece intorno a una farmacia ogni 3.300 abitanti, e non ogni 3.500 come era previsto con un altro emendamento che ha continuato a “ballare” per tutta la giornata. Un quorum di mediazione, appunto. Che è legato a un’altra modifica spuntata in giornata in commissione: l’abbandono della norma prevista dal Governo che disponeva una sorta di “reddito minimo garantito”, a carico della solidarietà di categoria, in favore dei farmacisti che finora hanno sempre rifiutato le sedi poco remunerative nei centri con meno di mille abitanti. Si calcola che si tratti di oltre mille esercizi, sulla cui apertura pressoché scontata con l’arrivo di farmacisti disponibili, a questo punto, non si potrebbe più contare. E senza questa norma (il comma 11 dell’articolo 11), giudicata incostituzionale da Federfarma e contestata dal Pdl, il numero di nuove farmacie si abbasserebbe. Di qui, appunto, la decisione di “manovrare” sul quorum farmacie/abitanti, che abbassandosi porterebbe automaticamente a un aumento dei nuovi esercizi. Per arrivare appunto alla fatidica soglia delle 5mila farmacie in più posta come spartiacque dal Governo.
Le modifiche, d’altra parte, non si fermano qui. Un altro capitolo importante è stato quello dei concorsi straordinari per la copertura delle nuove sedi farmaceutiche, riservati ai farmacisti non titolari e ai titolari di farmacie rurali sussidiate. Un altro capitolo spinoso, con i parfarmacisti che il testo del decreto penalizza prevedendo per loro un punteggio più basso. Di qui la prima ipotesi di riservare loro una quota di nuove farmacie, che però è stato deciso di abbandonare: i parfarmacisti otterranno tuttavia un punteggio più alto, e meno penalizzante (se mai loro basterà), rispetto a quelle inizialmente previsto dal decreto legge.
Mentre alle parafarmacie, rimaste all’asciutto col decreto di dicembre per la mancata e piena liberalizzazione della vendita anche extra farmacia dei farmaci C con obbligo di ricetta, l’intesa finale prevede di concedere qualcosa in più su cui far concorrenza alle farmacie: la vendita dei farmaci veterinari e anche dei preparati galenici senza ricetta, ma garantendo i necessari requisiti tecnici e gabinetti d’analisi ad hoc. Sempre nel testo dell’intesa tra i partiti e in discussione fino all’ultimo nella notte, ecco infine l’apertura sponsorizzata dall’Udc per il via libera alle confezioni monodose di farmaci: dovranno però essere sigillate singolarmente ed essere distribuite nella quantità indicata sulla ricetta medica per i giorni di cura giudicati necessari per l’assistito.
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