Ieri sera, il Senato ha dato via libera al d.d.l. anticorruzione, dopo che il governo aveva posto sul provvedimento la questione di fiducia. Palazzo Madama ha confermato il sì all’esecutivo con 228 voti a favore, 33 no e due astenuti: a esprimersi negativamente sulla fiducia sono stati i rappresentanti di Lega nord e Italia dei valori. Più unanime, però, l’esito della votazione sul testo, che è invece passato con 256 sì, 7 contrari e 4 astenuti. Il maxiemendamento inserito ieri, all’ultimo minuto, nella versione finale del testo, e composto di 83 commi, è diventato l’articolo 1 del ddl anticorruzione. Tra le misure, figura l’incandidabilità dei condannati in via definitiva in Parlamento, che dovrà ottenere nell’arco di un mese il via libera governativo. Nell’elenco dei reati che faranno da schermo alla possibilità di assurgere a cariche elettive, troviamo in primis quelli per mafia e contro la pubblica amministrazione, i quali saranno anche il discrimine per l’accesso a incarichi in commissioni giudicatrici, deputati alla gestione di risorse economiche o dediti alla procedura degli appalti. Gli uffici pubblici, dal canto loro, subiranno dunque un ennesimo, stretto giro di vite, che passa dall’ambito strettamente procedurale a quello più deontologico e professionale. Confermato, ad esempio, l’obbligo di pubblicare sui propri siti web cifre relative a bilanci consuntivi, costi di realizzazione delle opere e di attivazione dei servizi. La norma è in linea con quanto previsto dal decreto enti locali approvato settimana scorsa, con la stretta sui bilanci e la loro divulgazione massima. Anche a questo proposito, nel nuovo ddl anticorruzione viene stabilito per il governo l’obbligo di elaborare un codice etico e comportamentale per i dipendenti pubblici, che dovranno garantire un operato al di sopra di ogni sospetto, assicurando la neutralità dell’azione amministrativa, la corretta erogazione dei servizi, l’attento monitoraggio delle funzioni affinché non vengano intaccate dal rischio di infiltrazioni a scopo corruttivo. Insomma, il decalogo del buon funzionario, che dovrà aderire in maniera assoluta ai principi che in esso verranno inseriti. Anche i dirigenti finiscono sotto le maglie del ddl approvato ieri, dal momento che sarà almeno uno di loro, nelle amministrazioni, a fare in modo che sia mantenuta la regolarità delle previsioni normative, mettendo in risalto i comparti amministrativi ed economici più esposti al rischio di corruzione. La responsabilità, in caso di non esecuzione delle procedure non in linea con gli standard di legalità, può recare al dirigente responsabile l’accusa di reato di corruzione. Non a caso, infatti, il nuovo provvedimento introduce la necessità di operare nel massimo rispetto della trasparenza e dell’imparzialità amministrativa. A questo proposito si prosegue con l’abolizione della Civit, il cui posto sarà preso dall’autorità nazionale anticorruzione nella pubblica amministrazione, deputata alla sorveglianza sulla sintonia dei provvedimenti adottati a opera degli uffici pubblici con i principi di trasparenza e del rispetto dei parametri di legge. Per ogni ente pubblico, entrerà in vigore l’obbligo di aggiornare i propri piani anticorruzione entro il 31 dicembre di ogni anno, mentre il personale verrà coinvolto in aggiornamenti formativi, per predisporre il pubblico incaricato al pieno rispetto della legalità. Il nuovo testo richiama, poi, il reato di Traffico di influenze illecite, per assicurare la neutralità nel provvedimenti e introduce anche in Italia il principio del “whistleblowing”, cioè la garanzia di anonimato per chi mette in evidenza il ricorso a illeciti nel processo amministrativo. Il ministro della funzione pubblica, Filippo Patroni Griffi, ha accolto positivamente l’ok al disegno di legge, dichiarando che si tratta di un nuovo orizzonte per la politica italiana: il primo pacchetto di norme in aperto contrasto a tutti i fenomeni corruttivi e di malversazione: “E’ ormai diffusa la consapevolezza dell’importanza centrale delle politiche di prevenzione, evitando i danni causati dalla corruzione, che sono in primo luogo di natura economica”. La corruzione, ha aggiunto il ministro, altera “profondamente il sistema economico e i meccanismi della concorrenza del mercato. Essa mina in radice il principio di uguaglianza, se questa vuole dire pari opportunità di tutti i cittadini nel realizzare le proprie aspirazioni”.
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