I tecnici dei ministeri dello Sviluppo economico e dell’Ambiente ieri erano ancora al lavoro alla ricerca di un testo condiviso per il decreto interministeriale sugli incentivi al fotovoltaico che, per legge, avrebbe dovuto essere emanato entro il 30 aprile. La data è stata scavalcata per il divario tra i due ministeri; si è parlato di un’informativa al prossimo Consiglio dei ministri, alla ricerca di una mediazione, ma è più facile che oggi o domani Stefania Prestigiacomo (Ambiente) e Paolo Romani (Sviluppo economico) arrivino a un accordo e alla firma. A fine mese finirà il regime di incentivazione del “terzo conto energia” per la corrente elettrica prodotta dai pannelli fotovoltaici, e il nuovo decreto deve determinare le regole del “quarto conto energia”. Che cosa divide i due ministeri? La premessa è che secondo il “quarto conto energia” l’incentivo scende un pochino di mese in mese. Secondo lo Sviluppo economico, la tariffa incentivata cui si ha diritto va calcolata al momento dell’allacciamento del l’impianto solare alla rete elettrica, e cioè quando i pannelli cominciano effettivamente a produrre chilowattora. Per l’Ambiente, sarebbe più giusto che la tariffa venisse fissata al massimo entro due mesi dal momento della conclusione dei lavori di costruzione, in modo che chi investe abbia la certezza dell’incentivo e della sua entità anche in caso di allacciamento ritardato. I due ministeri sarebbero d’accordo sulla gradualità della riduzione degli incentivi e, soprattutto, nel prolungare sino a fine agosto le regole del “terzo conto energia”. Dopo le polemiche e le scuse, sembra fatta la pace tra Prestigiacomo e Romani. «Ciò che mi interessa, e credo interessi agli italiani, è fare al più presto un buon decreto sulle rinnovabili – commentava ieri Stefania Prestigiacomo – capace di sostenere un settore in grande espansione e che è destinato ad avere un ruolo fondamentale nel nostro bilancio energetico ed ambientale». La proposta dell’Ambiente sugli incentivi non vuole favorire abusi: invece «è un punto fondamentale del decreto, non a caso proprio su questo aspetto si sono pronunciati Camera e Senato all’unanimità. Il problema è la questione dell’allaccio che non avviene quasi mai nei tempi previsti dai gestori di rete e messi per iscritto quando il proponente inizia il suo iter. Immaginiamoci a quali ritardi andremo incontro adesso che c’e stato un boom di richieste. Poiché l’incentivo andrà rapidamente a scendere, è chiaro che se c’e un ritardo nell’allaccio si va a incidere pesantemente su quanti hanno realizzato l’impianto sulla base di un determinata previsione economica». Di parere opposto lo Sviluppo economico. Fidarsi delle autocertificazioni di fine lavori può lasciare spazio a qualche abuso, e comunque gli allacciamenti dei piccoli impianti sono svolti dall’Enel in meno di un mese (nel 99,7% dei casi), mentre l’ipotesi del-l’Ambiente di fissare in due mesi il limite è un rischio quando l’incentivo scende di mese in mese. Ieri l’Enel ha ricordato che intanto nel 2010 è migliorata la qualità del servizio, come censito dall’Autorità dell’energia. In tutto l’anno i clienti sono rimasti senza luce per 45 minuti distribuiti in 4 blackout, contro i 48 minuti del 2009, molto meglio dei 54 minuti indicati come obiettivo dall’Authority. Un miglioramento «frutto dei notevoli investimenti effettuati sulla rete: 1,14 miliardi di euro nel 2010, con un aumento di oltre il 3%», commenta Livio Gallo, direttore infrastrutture e reti dell’Enel.
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