Il danno che può essere contestato in seguito alla mancata attività anti-evasione non è soltanto quello arrecato al Comune (la perdita del 50% di imposta e sanzioni accertabili), ma anche quello causato allo Stato e come tale risarcibile. La Corte dei conti, infatti, giudica sulla responsabilità di amministratori e dipendenti della Pa anche quando il danno sia stato cagionato ad amministrazioni o enti pubblici diversi da quelli di appartenenza. Per evitare che protocolli d’intesa, convenzioni con l’Agenzia e altri proclami di avvio della lotta all’evasione restino solo buone intenzioni, è necessario che i Comuni si autoregolino attingendo dalla normativa generale (legge 241/90 e Tuel). Pur tenendo presente che l’attività ispettiva nei confronti degli enti locali da parte del ministero delle Finanze è stata abolita da anni (articolo 78 della legge 342/00) e che il Comune partecipa all’accertamento dei tributi erariali, senza però avere titolo per emanare il relativo provvedimento, la stretta osservanza di alcuni principi contenuti nella “241” è essenziale. Tra questi spicca l’obbligo (articolo 4) di determinare l’unità organizzativa responsabile dell’istruttoria e di ogni altro adempimento. Struttura che dovrà agire rispettando l’esclusione del diritto d’accesso ai cittadini coinvolti nel procedimento (articolo 24, comma 1, lettera b). Tenuto presente ciò, i documenti e gli atti di programmazione, organizzazione e attuazione stabiliti dal Tuel dovranno inevitabilmente accogliere la conclamata lotta all’evasione. In estrema sintesi, nella relazione previsionale e programmatica ci dovrà essere un programma riguardante la partecipazione all’accertamento tributario in cui è data specificazione delle finalità che si intende conseguire, delle risorse umane e strumentali a esso destinate (articolo 170, comma 4); la giunta, con il Peg e attraverso lo strumento dei regolamenti sull’ordinamento degli uffici e dei servizi (articoli 48,comma 3, e 169) determinerà gli obiettivi di gestione affidandoli ai responsabili dei servizi coinvolti (tecnico, commercio, tributi, anagrafe eccetera). Non si può tacere, infine, del ruolo dei revisori, sempre chiamati a vigilare sulla corretta acquisizione delle entrate (articolo 239, comma 1, lettera c). La violazione dell’obbligo di vigilanza è puntualmente rappresentata dal giudice contabile, come causa di addebito, dal termine inerzia.
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