Chiamparino, in particolare, ha posto anche il problema del Titolo V, che riporta in capo allo Stato molte funzioni fin qui attribuite alle Regioni, a partire da quella sul lavoro: «Per tutte le materie non di esclusiva competenza statale dovremmo avere una sorta di livelli essenziali di prestazione definiti dallo Stato e su cui il Senato delle regioni avrebbe il suo ruolo principale. Lo Stato dovrebbe esercitare un potere sostitutivo laddove quei livelli vengano negati ma le Regioni che dimostrino di essere in grado di assumersi più responsabilità e finanziarle, possano farlo».
L’obiettivo del governo e della maggioranza del Pd, aprendo sulle maggiori competenze del nuovo Senato che tra l’altro trovano d’accordo anche la Lega con Roberto Calderoli, è quello di dividere il fronte dei 29 dissidenti in modo da ridurlo – spiegano i renziani – a 10-12. Insomma, spaccare la compattezza fin qui mostrata dalla minoranza del Pd.
Mancano in ogni caso molti giorni prima che si arrivi al dunque dell’eventuale votazione in Aula sull’articolo 2 del Ddl Boschi. D’altra parte, a non farne una questione di rapporti personali è lo stesso Pier Luigi Bersani, che ieri sera ha detto di non credere «agli incontri di Teano», ossia ad un incontro risolutivo tra lui e Renzi che in ogni caso non appare alla vista. «Ci sono dei senatori lì, io dico la mia ma non pretendo di dare compiti, di fare incontri di Teano».
A chi gli domanda se c’è un rischio scissione, Bersani risponde «mai e poi mai». E c’è da credergli. Eppure il muro contro muro resta: «Io la riforma la voto solo se si supera lo stallo sull’articolo 2, ma la vedo dura». La realtà è che, come spiega il bersaniano Alfredo D’Attorre, lo stesso Bersani e la minoranza del Pd non credono alla minaccia velata di elezioni anticipate se non dovesse passare la riforma costituzionale al Senato. «Perché mai Renzi si dovrebbe dimettere se l’Aula decide di far eleggere i futuri senatori direttamente? È un’assurdità. Vorrà dire che il Parlamento vota una modifica e poi si va avanti su quella strada». Un braccio di ferro tutto politico.
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