Semplificazioni nella PA: “Può qualsiasi cosa che sia utile essere ottenuta senza cambiamento?”

 

 

 

 

Riflessioni a margine di 8 mesi di supporto alla redazione del Piao (Piano Integrato di Attività e Organizzazione)

3 Luglio 2024
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* a cura di Vanessa Botti e Stefano Mascioli – Consulenti Junior del Gruppo Maggioli specializzati in Servizi a supporto della Pubblica Amministrazione
 
“Può qualsiasi cosa che sia utile essere ottenuta senza cambiamento?”
Marco Aurelio, “Colloqui con sé stesso”, Libro VII
 
Il Piano Integrato di Attività e Organizzazione, sin dalla sua istituzione nel 2021, è stato simbolo di grandi cambiamenti. Esso è stato progettato con l’intenzione di semplificare i numerosi adempimenti delle Pubbliche Amministrazioni, le quali sono chiamate ad approvare atti in un’unica tranche, invece che separatamente.
Essendo l’applicazione della disciplina ormai a pieno regime, ed essendoci cimentati con la redazione del documento, è stato possibile avanzare delle osservazioni in merito all’esperienza dell’applicazione di questo potente strumento.
 
L’attività riguardante il supporto alla redazione dei Piao 2024-2026 ha visto come protagonisti 109 Enti, la maggior parte dei quali Comuni. Intenzione originaria del nostro gruppo di lavoro era quella di assegnare obiettivi di Valore Pubblico ad ogni Ente, a prescindere dal numero dei dipendenti; ciononostante, l’attività è stata dirottata verso la redazione di 84 Piao in forma semplificata (i.e. senza Valore Pubblico né monitoraggio) e solamente 25 in forma ordinaria. Meritevole di lode, tuttavia, la scelta di due Comuni con meno di 50 dipendenti di adottare quest’ultimo modello.
Focalizzandoci sui PIAO ordinari, la tematica più gettonata nella formulazione degli obiettivi di Valore Pubblico è stata quella del turismo e del commercio, subito seguita dalla cura e attenzione dell’ambiente e del territorio; tra gli obiettivi previsti dal PNRR, altri argomenti, come ad esempio la digitalizzazione, sono stati presi in considerazione dalla maggior parte di questi Enti, segno di un interesse oggettivo alle sollecitazioni europee in materia di trasformazione digitale.

>> LEGGI ANCHE: Elezioni e Piao: 3.700 opportunità per misurare e rendicontare l’operato di una amministrazione locale.

Piao: i concetti fondamentali

È doveroso però, a questo punto, un riassunto dei concetti fondamentali riguardanti il Piano. Come facilmente intuibile, il Valore Pubblico è, o dovrebbe essere, il faro per tutte le Amministrazioni: volgarmente, esso è un progetto che la PA intende realizzare utilizzando le risorse disponibili (economiche e umane). Per individuarlo si è resa necessaria la lettura dei principali documenti di programmazione degli Enti, in particolar modo del Documento Unico di Programmazione (DUP) e del Piano delle Performance. Parodiando la maieutica socratica, da questi è stato estrapolato uno “slogan[1]” rappresentativo con questo duplice ruolo: guida dell’azione amministrativa e, al contempo, suo precipitato.
Per verificarne (quando sarà il momento) la realizzazione, ogni obiettivo di Valore Pubblico si è visto assegnare degli indicatori, posti come “giudici” della coerenza delle scelte programmatiche: un loro “punteggio” positivo influenzerà il raggiungimento del VP. A questo scopo, abbiamo predisposto un sistema di operazioni matematiche con baseline e target per calcolare gli scostamenti e quindi il miglioramento (o peggioramento).
Spesso, come previsto dalla ratio che sta dietro al Piao, la creazione dell’obiettivo di Valore Pubblico ha visto coinvolte anche le altre sezioni del Piano: la Sezione 2.3 (Sezione Rischi Corruttivi e Trasparenza), nel suo ruolo di protezione della buona amministrazione e, di conseguenza, collegata ad ogni VP individuato, e la Sezione 3 (Organizzazione e Capitale Umano), riportante le informazioni relative alle risorse finanziarie e umane dell’Ente.

Le attività svolte

Andando ad analizzare le attività svolte, una prima difficoltà è stata riscontrata proprio durante l’individuazione degli indicatori, più che degli obiettivi in sé (per i quali, invece, l’entusiasmo degli Enti era amplificato dall’aspetto – diciamo – “propagandistico”). Spesso ci siamo infatti trovati a rinunciare a criteri coerenti e mirati, che avrebbero fornito un buon giudizio sull’operato pubblico, per lasciare spazio ad altri più facilmente misurabili. Nonostante questa ricercata “semplicità” si sono verificati alcuni casi sporadici, guidati non dall’effettiva funzionalità del Piao, ma dalla fretta di ottemperare all’adempimento, di indicatori sprovvisti tanto di un target per l’anno 2024 quanto di una baseline, dando così una prima dimostrazione della ancora carente abitudine alla misurazione dell’operato.
Nella restante maggioranza delle Amministrazioni trattate, invece, si è registrata una gattopardesca propensione al mantenimento dei risultati.
Ulteriore punto legato al tema “misurazione” è quello della difficoltà/incapacità delle PA di distinguere gli indicatori di Valore Pubblico dalle più attraenti Performance. Supponendo che nostra intenzione sia quella di migliorare l’ambiente comunale, un possibile indicatore di VP dovrebbe monitorare la qualità dell’aria, in modo tale da rendicontare le opere e azioni (perciò le performance) attuate per diminuire il livello di inquinamento: saranno queste ultime, invece, oggetto principale di monitoraggio negli Enti “confusi”.
 
Probabilmente, però, il vero limite per un Piao efficace è un altro e si palesa già ricercando la coerenza tra il DUP e il Piano delle Performance: quest’ultimo, teoricamente, dovrebbe riportare una concretizzazione dei progetti strategici e operativi previsti dal primo documento. Nella pratica questa coerenza è stata raramente riscontrata: ciò ha prodotto collegamenti forzati tra i VP estrapolati dal DUP e le performance alla base della piramide.
Si potrebbe aprire ora un capitolo relativo ai criteri con cui le Amministrazioni redigono i propri Piani delle Performance. L’aspetto che è risultato più evidente è stata una perversa semplicità dei loro obiettivi, spesso scontati e poco sfidanti, rispetto alla più fantasiosa programmazione strategica, figlia delle linee di mandato. Non è naturalmente questione facile l’amministrazione della Cosa Pubblica, ma non basta solo un interessante programma di eventi per aumentare l’afflusso di turisti.
Non è quindi un caso che la Corte dei conti (Sezione centrale di controllo sulla gestione delle amministrazioni dello Stato) il 13 maggio scorso abbia pubblicato la deliberazione n. 62/2024/G relativa alle segnalazioni inviate dagli OIV e sugli istituti con i quali si riconosce la premialità ai dirigenti e al personale. Le osservazioni che emergono (e che devono essere considerate per ridare credibilità alla Riforma Brunetta) sono, tra le altre:
– i target da raggiungere sono troppo prudenti: questo porta ad un appiattimento verso l’alto delle valutazioni e quindi non induce a nessun tipo di miglioramento;
– è necessario un maggior impegno nella misurazione, valutazione e verifica di alcuni indicatori trasversali;
– si riscontra scarsa attenzione alla “valutazione partecipativa” (la “customer satisfaction” è ancora un tabù);
– è opportuno introdurre il “bilancio di genere” (anche se nella sezione del Piano delle Azioni Positive ci sono indicatori che iniziano a tracciare un po’ il solco);
– si deve cercare di soddisfare gli stakeholders ed essere più attenti alla qualità dei servizi.

Parallelamente a questa problematica, è da segnalare anche la critica assenza in alcuni DUP (appartenenti a Enti con più di 50 dipendenti) di veri e propri obiettivi strategici e operativi dai quali estrapolare proposte di Valore Pubblico. La “soluzione” è stata quella di rifarsi alle Missioni di Bilancio e alle linee di mandato, se non addirittura esclusivamente al Piano delle Performance: nel primo caso la questione della coerenza si poneva ancora più in evidenza, vista l’astrattezza dei titoli delle Missioni; nel secondo caso, invece, la coerenza non costituiva una criticità, essendo l’unico documento utilizzabile, ma la difficoltà stava nell’individuazione di un Valore Pubblico sensato.

Le tempistiche

L’ultimo punto da prendere in considerazione è quello relativo alle tempistiche con cui le PA intendono redigere il loro Piao. Questo richiede, e permette, l’approvazione di tutti i documenti che lo compongono in un unico atto, agevolando così anche l’operato della giunta. Di fatto gli Enti, anche quelli di grandi dimensioni, propendono ancora per l’approvazione separata e distinta di tutti gli atti, dimostrando il consolidamento di una prassi costosa in termini di tempo. Corollario di ciò non è soltanto un rallentamento della redazione e dell’approvazione della documentazione, ma soprattutto l’appena citata mancanza di coerenza, verosimilmente dovuta anche al lasso di tempo che intercorre tra l’approvazione di programmi che tra loro dovrebbero essere strettamente collegati.
Come si evince, c’è ancora molto su cui lavorare. Sicuramente un buon punto di partenza sarebbe quello di non sottovalutare le potenzialità dello strumento qui analizzato, che offre l’opportunità di ottimizzare l’operato degli Enti, dalle tempistiche nell’elaborazione dei documenti programmatori alla vera e propria azione amministrativa; questo naturalmente comporta l’abbandono di una pratica ben radicata nella cultura della PA. Serve più formazione/conoscenza del Piao? Un afflusso di nuove risorse di mentalità più aperta? Si rischia di sfociare nei luoghi comuni, ma è nostra convinzione che siano proprio questi alcuni dei motivi alla base della rigidità delle Amministrazioni, a loro volta legate, forse, alla rigidità dei loro componenti.
Il primo traguardo da raggiungere sarebbe una maggiore conoscenza non solo del Piao, ma anche delle modalità e dei criteri di individuazione degli obiettivi e dei loro indicatori, primi fra tutti quelli di Performance.
Questo, inoltre, sarebbe ideale se accompagnato da un ragionamento e da una programmazione del Piao sin dalla formazione del DUP, così da creare a monte la coerenza necessaria tra i vari piani integrati. Da questo punto di vista un’occasione, a nostro modo di vedere da sfruttare, è data dalle recenti elezioni, che saranno presto seguite dalla costituzione di oltre 3mila nuove giunte comunali, chiamate a governare i rispettivi territori per i prossimi 5 anni: il Piano in analisi, se redatto correttamente, permetterebbe loro di avere a disposizione uno strumento di governo, raccordo e rendicontazione del proprio operato.
Il Piao non deve essere considerato esclusivamente un mero adempimento, ma nemmeno uno strumento capace da solo di stravolgere in meglio la res publica: esso semplifica molti suoi aspetti, ma richiede un ragionamento chiaro e coerente sugli scopi da raggiungere. Non è certamente un documento perfetto, ma “non c’è nulla di sbagliato nel cambiamento, se è nella giusta direzione[2]”.

[1] Dal gaelico scozzese sluagh-ghairm, propr. “grido di battaglia”
[2] Winston S. Churchill, da “The Irrepressible Churchill: Winston’s World, Wars & Wit”, K. Halle

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