Concorso pubblico: il prinicipo dell’anonimato
I giudici hanno infatti affermato che il principio di anonimato (espressione del valore dell’imparzialità e buon andamento) va applicato “con intelligenza, proporzionalità e correlazione” contemperandolo con l’altro fondamentale principio di massima partecipazione possibile al fine di innalzare la possibilità statistica di scegliere i migliori. A sua volta tale ultimo principio va correlato con due valori anch’essi di rango costituzionale: quello del lavoro e quello del buon andamento. Pertanto non ogni “segno” astrattamente idoneo al riconoscimento può assurgere a causa escludente.
Il segno di riconoscimento: elementi-chiave
Il segno di riconoscimento è tale se concorrono due condizioni: l’idoneità a raggiungere lo scopo e l’utilizzo intenzionale del segno. Come si può leggere dal commento ufficiale alla sentenza riportato sul portale della Giustizia Amministrativa, “quanto al primo elemento, il segno è idoneo a fungere da elemento di identificazione solo quando la particolarità riscontrata assuma un carattere oggettivamente e incontestabilmente anomalo, rispetto alle ordinarie modalità di estrinsecazione del pensiero e di elaborazione dello stesso in forma scritta, a nulla rilevando che in concreto la Commissione o singoli componenti di essa siano stati o meno in condizione di riconoscere effettivamente l’autore dell’elaborato.
Quanto all’elemento psicologico della fattispecie, si è escluso che possa operare un automatismo tra astratta possibilità di riconoscimento e violazione della regola dell’anonimato, dovendo emergere elementi atti a provare, anche qui in modo oggettivo ed inequivoco, l’intenzionalità del concorrente di rendersi riconoscibile”.
>> CONSULTA LA SENTENZA TAR TOSCANA, 13 FEBBRAIO 2017, n. 230.
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