Ce la faranno i nostri eroi, cioè i consiglieri e gli assessori del comune di Milano, a salvare tutti i loro posti dalla mannaia del taglio alla politica locale previsto per gli enti che vanno al voto a primavera? La grande occasione è stata il milleproroghe, fallita in extremis con i correttivi imposti dal Quirinale che hanno stralciato dal testo finale il «salvacondotto» per le metropoli sopra il milione di abitanti. Milano può contare questa volta su un alleato forte, cioè il comune di Roma, dove l’allargamento della giunta fino a 16 posti offrirebbe al sindaco Gianni Alemanno qualche «argomento» in più per puntellare una coalizione traballante; più si avvicina il voto, però, più diventa difficile giustificare una regola che permetta a due comuni non solo di evitare i tagli che riguarderanno migliaia di enti, ma anche di aumentare i posti alla politica locale allargando gli esecutivi. Anche perché la cura, che doveva scattare già con le amministrative dell’anno scorso ma è stata rinviata di un anno dalla solita leggina in extremis, è pesante per tutti. Le nuove regole prevedono un taglio medio del 20% dei posti in consiglio comunale, e chiedono di nominare un assessore ogni quattro consiglieri anziché ogni tre come accade oggi. Siccome si riduce la «base di calcolo», cioè il consiglio, il taglio sulle giunte è doppio e in media cancella d’un colpo circa il 37 per cento dei posti. In questo quadro non è facile sostenere che il problema dei costi della politica locale è rappresentato da consigli comunali come quelli di Sueglio (157 abitanti in provincia di Lecco) o Duno (159 in provincia di Varese), chiamati dalle nuove regole a rinunciare a tre rappresentanti, e che invece Milano ha una necessità invincibile di contare su quattro assessori e 12 consiglieri in più di quelli previsti dalle nuove norme. Anche perché, com’è ovvio, le indennità che girano a Palazzo Marino sono drasticamente più pesanti dei gettoni quasi simbolici che caratterizzano i piccoli comuni. La Lombardia, comunque, sarà la regione più colpita dai nuovi limiti alla politica locale. Con le elezioni di primavera i 232 comuni e le 2 province al voto in regione dovranno dire addio a 851 seggi in consiglio e a 364 scranni da assessore; dopo le urne, insomma, sfumeranno 1.215 posti da politico locale, concentrando di conseguenza in Lombardia il 20% dei tagli che le nuove regole chiedono all’insieme della politica territoriale italiana.Il conto finale, però, potrebbe essere ancora più consistente, perché ai comuni che contano meno di 3mila abitanti le norme riscritte lo scorso anno offrono una possibilità ulteriore: rinunciare del tutto agli assessori, e offrire le deleghe a tre super-consiglieri. Sarà il sindaco a scegliere se imboccare questa strada o rimanere fedele alla struttura tradizionale. A tutti, a prescindere dal rinnovo elettorale, la manovra estiva del 2010 ha chiesto poi una riduzione delle indennità massime; il tetto per il sindaco di Milano è sceso da 7.798 a 7.019 euro, mentre in un comune da 2mila abitanti la busta non può superare i 1.400 euro (agli assessori vanno 210 euro). I nuovi importi entreranno in vigore con il decreto attuativo, che ha ottenuto il via libera in conferenza Stato-città.
LA NOVITÀ
Il provvedimento Secondo le nuove norme, che sarebbero dovute entrare in vigore già l’anno scorso, si deve attuare un taglio medio del 20% dei posti nei consigli comunali. Inoltre si chiede di nominare un assessore ogni quattro consiglieri mentre oggi il rapporto è di uno a tre. Per le giunte il taglio sarebbe di circa il 37% dei posti.
Le conseguenze Quale effetto della normativa, in occasione delle elezioni amministrative previste in regione nel 2011 e che riguarderanno 232 comuni e 2 province, si perderanno 851 posti da consigliere e 364 da assessore. Sono state anche ridotte le indennità massime. Per il sindaco di Milano, ad esempio, si passa da 7.798 a 7.019 euro, mentre per i comuni da 2mila abitanti il compenso per il primo cittadino non può superare i 1.400 euro.
L’opzione Per ridurre ulteriormente le poltrone della politica, i comuni fino a 3mila abitanti possono rinunciare del tutto agli assessori e affidare le relative deleghe a tre “super-consiglieri”. La decisione spetterà al sindaco.
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