MILANO – Le regole della riforma Brunetta che escludono dalla contrattazione integrativa le materie che riguardano l’organizzazione degli uffici sono «pienamente operative e attuabili», perché l’intesa del 4 febbraio scorso con le organizzazioni sindacali si occupa solo di ammorbidire temporaneamente le fasce di merito; questa impostazione riguarda anche «tutte le istituzioni scolastiche di ogni ordine e grado», dove i contratti integrativi (in pratica i contratti d’istituto) firmati dopo l’entrata in vigore della riforma si considerano inefficaci dal 1° gennaio scorso se non si sono adeguati alla disciplina della riforma. La Funzione pubblica torna con una nuova circolare diffusa ieri a precisare la «piena vigenza» della riforma scritta nel decreto legislativo 150/2009. Il nodo più delicato si incontra nella scuola, che la stessa circolare di Palazzo Vidoni cita espressamente, dove la disciplina applicativa delle nuove regole è stata demandata a un Dpcm a sé, per tenere conto delle specificità organizzative di questo comparto, e dove si è aperta una diatriba fra Governo e sindacati sulla validità degli integrativi. Con la circolare di ieri Palazzo Vidoni chiarisce che i nuovi confini dei contratti, da cui sono escluse l’organizzazione di uffici e prerogative dirigenziali ora demandate alla legge, sono applicabili in tutte le amministrazioni statali. «Considerato che le scuole rientrano tra le amministrazioni dello Stato», sottolinea la circolare, anche i contratti d’istituto (che disciplinano e remunerano rientri e attività aggiuntive) devono essere adeguati al nuovo ordinamento o si considerano inefficaci dal 1° gennaio scorso. «Gli integrativi rispettano i contratti collettivi da cui discendono – ribatte Mimmo Pantaleo, segretario della Cgil-Flc -, per cui sono perfettamente validi: le nuove regole si applicheranno quando ripartirà la contrattazione», congelata per tre anni dalla manovra estiva. «Le affermazioni della circolare – conferma Francesco Scrima, segretario della Cisl Scuola – rischia di rinfocolare una diatriba che doveva considerarsi quantomeno sopita dopo importanti decisioni dei giudici del lavoro, che in maggioranza hanno riconosciuto come attività antisindacale il rifiuto di alcuni dirigenti scolastici di negoziare materie affidate dal contratto nazionale alla contrattazione d’istituto». Difficile prevedere l’effetto concreto di questa distanza di posizioni, anche perché a tre mesi dalla fine dell’anno scolastico la contrattazione integrativa è stata definita praticamente in tutte le scuole; per chiarire il problema, la Cisl chiede l’apertura di un tavolo di confronto con l’Aran, anche «per mettere fine al ripetersi di interventi unilaterali». Più chiara la situazione nel resto della Pubblica amministrazione statale, che non ha problemi di calendario rigido come la scuola. Qui il problema era nato soprattutto da errate interpretazioni dell’intesa con i sindacati del 4 febbraio scorso: molte amministrazioni si sono chieste se l’accordo, che in realtà si è occupato solo degli aspetti retributivi, finisse per congelare l’intera riforma Brunetta, e hanno moltiplicato i quesiti alla Funzione pubblica. La risposta della circolare, naturalmente, è negativa.
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