Stop alla burocrazia. Con meno regole, un taglio ai costi e tempi più rapidi per chi vuole avviare una nuova attività. Nel decreto legge sulla deregulation in via di definizione ci sarà spazio per un pacchetto di misure – il cui contenuto si sta delineando in questi giorni – diretto a semplificare la vita degli aspiranti imprenditori. Che si tratti di abrogare limiti numerici, autorizzazioni, licenze, nulla osta, o di prevedere nuove formule societarie più snelle per i giovani capitani d’azienda, siamo di fronte in ogni caso all’ennesimo tentativo di inserire tasselli mancanti al mosaico di interventi per lo sviluppo delle imprese. E i nuovi puzzle si andranno ad affiancare a misure già varate sul versante della semplificazione dei rapporti tra aziende e pubblica amministrazione, in attesa di una piena applicazione. Il libro delle “incompiute” ha molti capitoli aperti. Un caso su tutti, che si trascina da anni, riguarda le Zone franche urbane, poi “declinate” in Zone a burocrazia zero (Zbz), più volte sbandierate, ma che non hanno ancora visto la luce. Dal 1° gennaio di quest’anno – in base ai dettami della legge di stabilità 2012 – la disciplina delle Zbz è entrata in vigore, almeno sulla carta: in tutta Italia fino al 2013 dovrebbe realizzarsi una sforbiciata netta per gli adempimenti burocratici delle imprese, in primis delle Pmi. Per l’avvio di nuove attività, infatti, è previsto che tutte le procedure amministrative – eccetto quelle di natura tributaria – vengano “istruite” e concluse entro 30 giorni. Le Zone a burocrazia zero, però, non sono ancora operative, perché mancano gli indispensabili provvedimenti attuativi. Il caso non è isolato e, peraltro, è strettamente legato all’epilogo di tutta un’articolata serie d’iniziative legislative di semplificazione, varate sotto i migliori auspici, ma spesso portate avanti con estrema difficoltà, se non addirittura arenate definitivamente. L’ultima “crociata normativa” contro la burocrazia è partita con la Finanziaria 2009 (articolo 38 del Dl 112/2008), dove sono stati delineati gli elementi giuridici fondanti di una nuova filosofia del rapporto tra impresa e pubblica amministrazione. Tra questi, il maggior peso riconosciuto all’autocertificazione, la delega di funzioni della Pa e la razionalizzazione delle competenze istituzionali in materia di autorizzazioni per l’attività d’impresa. E così è stato creato il sito web «Impresainungiorno.gov.it», una sorta di sportello unico nazionale, con l’ambizione di costituire l’esclusivo punto d’accesso (per giunta telematico) per il richiedente, in relazione a tutte le vicende amministrative relative alla sua attività produttiva. La traduzione pratica del l’impostazione tracciata dalla Finanziaria 2009 è passata, però, attraverso una serie di provvedimenti che hanno introdotto nuovi “subistituti” o “subprocedure” non sempre efficaci. Un esempio di successo è la procedura “ComUnica”, con la quale – in un colpo solo – chi avvia una nuova attività adempie a tutti gli obblighi verso Camere di commercio, Inps, Inail e agenzia delle Entrate. Non altrettanto può dirsi per la Scia, le Agenzie per le imprese e la piena funzionalità proprio di «Impresainungiorno.gov.it». La Scia (sulla carta un’altra rivoluzione copernicana) è ancora frenata nel suo pieno utilizzo da dubbi applicativi che espongono a troppi rischi, mentre il portale web esiste ma la sua utilità è ancora molto limitata. Alle Agenzie per le imprese, infine, gli imprenditori potrebbero delegare ogni rapporto con le amministrazioni pubbliche. Peccato, però, che di pienamente regolamentate non ce ne sia ancora traccia. Ora la palla passa al Governo, che punta a sbrogliare definitivamente il groviglio di norme pressanti sul sistema delle autorizzazioni: dopo la ricognizione di tutte le procedure l’obiettivo è arrivare a tenere in vita solo quelle in linea con i principi di necessità e proporzionalità, cancellando invece tutte le altre. Che sia la volta buona?
Segue grafico
Scrivi un commento
Accedi per poter inserire un commento