Ruralità vincolata ai dati catastali

Cassazione. L’orientamento giurisprudenziale, ritenuto da molti non condivisibile, è consolidato da oltre 100 sentenze

Il Sole 24 Ore
13 Settembre 2010
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I fabbricati rurali non pagano l’Ici solo se classificati in A/6 per le abitazioni e in D/10 per le costruzioni strumentali. Lo ha ribadito la sezione tributaria della Cassazione con la sentenza 17055 del 21 luglio 2010 e con altre quattro depositate nella stessa data. Si tratta di un’ulteriore conferma del consolidato orientamento giurisprudenziale – inaugurato dalle Sezioni unite con la pronuncia 18565/09 – secondo cui la ruralità dei fabbricati è vincolata alle risultanze catastali (A/6 o D/10) ed è precluso l’accertamento del giudice a eccezione di due casi: specifica impugnazione della categoria catastale; fabbricati non iscritti in catasto. Per i giudici di legittimità, dunque, deve applicarsi il criterio “catastale”, che impone la verifica della classificazione, e non già quello “funzionale” previsto dall’articolo 9 del Dl 557/93. Dall’inizio dell’anno la Cassazione ha peraltro emesso oltre cento sentenze sull’argomento, tutte in linea con il principio sancito dalle Sezioni unite nell’agosto del 2009.Un’ondata inarrestabile che rischia di mettere definitivamente all’angolo la contraria interpretazione fornita dall’agenzia del Territorio con la nota 10933 del 25 febbraio 2010, secondo cui il classamento nelle categorie A/6 o D/10 costituisce una condizione sufficiente ma non necessaria per il riconoscimento della ruralità, che deve essere sempre effettuato in base all’articolo 9 del Dl 557/93 a prescindere dalle risultanze catastali. Diversamente dalle precedenti pronunce (che si limitavano a richiamare il principio espresso dalle Sezioni unite), la Cassazione fa ora un passo avanti e spiega le ragioni per le quali i comuni sono tenuti ad ap-plicare l’Ici. Viene in primo luogo evidenziato che la sentenza 227/09 della Corte costituzionale – che ha dichiarato l’illegittimità della norma “blocca-rimborsi” contenuta nella finanziaria 2008 – non può essere letta nel senso di considerare non dovuta l’Ici delle cooperative agricole, avendo la Consulta constatato soltanto il valore di interpretazione autentica della norma sopravvenuta (cioè dell’articolo 23, comma 1-bis della legge 14/09), senza entrare nel merito. Inoltre, sul presunto contrasto giurisprudenziale costituito dalle sentenze 24299 e 24300/09, i giudici di piazza Cavour fanno presente che tali pronunce riguardavano fabbricati inizialmente classificati D/7 e poi divenuti, appunto, D/10. Insomma, per la sezione tributaria occorre prendere atto del “diritto vivente” secondo cui, pur in presenza della norma interpretativa di cui all’articolo 23, comma 1-bis della legge 14/2009, al giudice tributario è consentito l’accertamento incidentale del carattere rurale solo in ipotesi di immobili non iscritti. Per i fabbricati accatastati il comune è quindi tenuto ad applicare l’imposta secondo i criteri fissati dal Dlgs 504/92, senza alcuna possibilità di impugnare la classificazione. Conseguentemente, la possibilità per il comune stesso di riconoscere l’esclusione dall’imposta per i fabbricati rurali iscritti in catasto – affermata invece dall’agenzia del Territorio con la circolare 10933/2010 – oltre a essere incompatibile con il difetto di legittimazione, risulterebbe sovvertitrice dei criteri legali fissati nell’articolo 5, comma 2, del Dlgs 504 del 1992. Una posizione forte e netta, ancorché ritenuta da molti non condivisibile per due ragioni fondamentali: 1) vengono esclusi dall’Ici i fabbricati accatastati in A6 e D10 anche se si ha la prova che ne viene fatto un uso diverso; 2) vengono assoggettati all’Ici tutti quei fabbricati che posseggono le caratteristiche di ruralità ma non risultano accatastati in A/6 o D/10. Peraltro, si tratta di due categorie problematiche: la A/6 è da ritenere ormai accantonata perché al di fuori degli standard minimi indispensabili (attualmente la categoria minima con i servizi igienici interni è A/4); la D/10 è stata invece introdotta dal Dpr 139/1998 e quasi tutti i fabbricati accatastati precedentemente si trovano nella categoria D/8 pur possedendo i requisiti oggettivi per la ruralità. In sostanza il mondo catastale – sul quale fa affidamento la Cassazione – si rivela piuttosto difforme dalla situazione reale.

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