Il Comune di Roma non sarà sciolto. L’inchiesta Mafia capitale , tutt’ora in corso, ha fondato tutti i presupposti per un atto, in realtà, insostenibile. Così, si va verso una soluzione molto meno traumatica, in un certo senso chirurgica.
È la stessa legge sugli enti locali a prevedere una via d’uscita soft (art. 143 comma 5 del Tuel). Accade se non è disposto lo scioglimento ma sugli amministratori – il segretario comunale, il direttore generale, i dirigenti e i dipendenti – emergono «concreti, univoci e rilevanti elementi su collegamenti diretti o indiretti con la criminalità organizzata di tipo mafioso»: in questo caso i funzionari infiltrati saltano e sono sostituiti. Nelle carte di Mafia capitale di burocrati collusi ce ne sono a bizzeffe.
La norma dice che «con decreto del Ministro dell’interno, su proposta del prefetto, è adottato ogni provvedimento utile a far cessare immediatamente il pregiudizio in atto e ricondurre alla normalità la vita amministrativa dell’ente, ivi inclusa la sospensione dall’impiego del dipendente, ovvero la sua destinazione ad altro ufficio o altra mansione con obbligo di avvio del procedimento disciplinare da parte dell’autorità competente».
Resta tuttavia un dubbio: vanno via i dirigenti infiltrati, ma agivano da soli o si sono mossi sulla base di indicazioni politiche? L’inchiesta della procura di Roma rivela una collusione che investe anche la politica. Di destra e di sinistra. Compresi i finanziamenti alle campagne elettorali.
Certo è che con ogni probabilità l’avvicendamento di dirigenti e dipendenti sarà la proposta che il prefetto di Roma, Franco Gabrielli, invierà al ministro dell’Interno, Angelino Alfano, nei prossimi giorni. Assieme alla sostituzione dei funzionari comunali infiltrati dall’organizzazione mafiosa si sta valutando anche l’ipotesi di sciogliere la circoscrizione di Ostia, già sotto amministrazione diretta del Campidoglio e in particolare del suo assessore alla legalità, il magistrato Franco Sabella. Ostia è il caso più emblematico di questa presenza mafiosa nell’amministrazione comunale romana, testimoniata anche da altre inchieste della procura capitolina.
L’evoluzione di ieri giunge al termine del comitato provinciale per l’ordine pubblico e la sicurezza convocato da Gabrielli, come previsto dalla legge, per esprimere un parere sul caso del Comune di Roma e l’inchiesta Mafia capitale, e durato quasi cinque ore. Oltre ai vertici delle forze dell’ordine, era presente la commissione di accesso agli atti guidata dal prefetto Marilisa Magno e il capo della procura di Roma, Giuseppe Pignatone. Dopo la lettura di una relazione del prefetto Gabrielli e un’altra del procuratore capo, il comitato ha espresso alla fine della discussione un parere favorevole sull’idea di ricorrere, appunto, all’articolo 143 comma 5 (sostituzione degli amministratori collusi con la mafia).
Nella discussione dove non sono mancati toni decisi e ipotesi, avanzate da qualcuno, di considerare anche l’eventualità di sciogliere il Campidoglio per infiltrazione mafiosa. Tesi tutt’altro che azzardata: in realtà sarebbero le carte con gli accertamenti già compiuti a pretendere lo scioglimento, sia quelle giudiziarie sia la relazione da quasi un migliaio di pagine, frutto dell’accesso agli atti della commissione prefettizia guidata da Marilisa Magno. Il testo (si veda IlSole24Ore di ieri) racconta per filo e per segno come il Campidoglio è stato infiltrato dall’associazione mafiosa di Carminati e Buzzi. Ma l’orientamento della prefettura, dopo la riunione di ieri, sembra ormai segnato. Dimostrando nel comitato una sintonia di visione tra il responsabile della prefettura di Roma e il titolare dell’inchiesta che ha scoperto il “mondo di mezzo”.
Siamo solo a metà dell’opera, però. Una volta che il ministro dell’Interno riceverà il documento di Gabrielli, insieme alla relazione dell’accesso agli atti, il Viminale aprirà una propria istruttoria per il ministro. Alfano ha tre mesi di tempo per formulare una propria proposta da presentare al Consiglio dei ministri. Ovvio che porterà a palazzo Chigi uno schema con l’obiettivo del sì finale del governo, dunque d’intesa con il premier Matteo Renzi. Alfano, in teoria, potrebbe uniformarsi alla proposta di Gabrielli o formularne una diversa.
La procedura diventa così politica in senso stretto. E dovrà fare i conti non solo con la volontà dell’Esecutivo di tenere o meno in vita la giunta guidata da Ignazio Marino, ma anche con altri eventi ormai imprescindibili. A cominciare dal Giubileo annunciato ad aprile scorso da papa Bergoglio: un Giubileo straordinario della Misericordia – si aprirà l’8 dicembre 2015 e si concluderà il 20 novembre 2016 – sul quale si attendono i provvedimenti di palazzo Chigi.
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