Immaginate di avere un’impresa familiare e di essere pagati con oltre sessanta giorni di ritardo per le prestazioni fornite. Immaginate di dover far fronte alle spese per i dipendenti e per l’attività senza alcuna certezza su quando verranno saldati i lavori già eseguiti. È quello che capita regolarmente agli imprenditori di molti paesi europei, Italia in primis, complice la crisi economica. L’Europa dice stop a questo meccanismo, che mette in ginocchio le piccole e medie imprese.
Il Parlamento è intervenuto in aiuto delle PMI rafforzando le norme europee in materia, nel tentativo di proteggere le società di dimensioni ridotte, le più vulnerabili in tempo di crisi. Martedì 5 ottobre i membri della Commissione Mercato interno hanno approvato una normativa che prevede l’imposizione alle imprese pubbliche e private di un limite di 30 giorni per saldare le fatture in sospeso. Chi non lo rispettasse diventerebbe passibile di una multa, a meno che un accordo tra le due parti in causa non acconsenta a un’estensione del limite.
Il documento è il risultato di lunghe trattative con gli Stati membri. Soltanto lo scorso 13 settembre i parlamentari hanno raggiunto un compromesso che, approvato dalla Commissione Mercato interno, deve ancora passare all’esame della sessione plenaria di ottobre.
Con questo provvedimento “le piccole e medie imprese non sarebbero più costrette a fare da banche per le istituzioni pubbliche o per le grandi imprese private”, ha commentato la parlamentare tedesca Barbara Weiler, dei Socialisti e Democratici, relatrice del documento di lavoro sull’argomento.
Le nuove regole nel dettaglio
Da impresa a impresa: Il ritardo può essere al massimo di 30 giorni a meno che non sia previsto diversamente dal contratto. Si può arrivare fino a 60 giorni in caso di accordo tra le due imprese e ancora oltre se espressamente previsto dal contratto, a condizione che non costituisca un’evidente ingiustizia verso la parte più debole.
Dal settore pubblico verso un’impresa: Il limite per i pagamenti è di 30 giorni. Il Parlamento si è battuto perché ogni ritardo venga giustificato con motivazioni oggettive, che sia concordato e che non possa mai andare oltre i 60 giorni.
Eccezioni per gli enti pubblici che offrono servizi in materia di assistenza sanitaria: È possibile un ritardo fino a 60 giorni, vista la natura particolare e delicata del servizio.
Penali: In caso di ritardi ulteriori rispetto a quanto previsto, le società andranno incontro a una penale pari all’8% sul tasso di interesse applicato dalla Banca centrale europea e a una spesa di 40 euro come compensazione per i costi di recupero del credito. L’ammontare della penale è frutto di un compromesso tra le richieste del Parlamento (che chiedeva un 9% sul tasso Bce) e quelle degli Stati membri (che avrebbero voluto il 7%).
Periodo di verifica: Il periodo di verifica per assicurarsi che i prodotti e i servizi offerti siano conformi alle condizioni del contratto è di 30 giorni, ma può essere prolungato nel caso di mercati particolarmente complessi se c’è accordo tra le due parti.
Il Parlamento ha tuttavia esortato a non utilizzare questo periodo come pretesto per ritardare i pagamenti.
Le nuove regole, per entrare in vigore, dovranno prima essere approvate negli stessi termini sia dal Parlamento che dal Consiglio, un passo che però è ormai soltanto formale. Costituiscono un aggiornamento della direttiva del 2000 dell’Unione europea sul ritardo nei pagamenti.
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