Risarcibile all’assessore il danno da revoca illegittima anche per violazione dell’immagine politica

Il complesso tema della revoca dell’assessore negli Enti locali analizzato secondo i più recenti orientamenti della giurisprudenza

8 Marzo 2023
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di AMEDEO SCARSELLA

Uno degli elementi caratterizzanti la sentenza del Consiglio di Stato (sez. V), 28 febbraio 2023, n. 2071 è proprio la ritenuta ammissibilità del risarcimento del danno subito dall’assessore a seguito di revoca illegittima. In realtà la sentenza conferma l’esistenza dell’elemento soggettivo, in quanto “considerata la natura dei vizi riscontrati, espressivi di uno sviamento della funzione nei termini suindicati ricavabile dalle stesse circostanze di fatto emerse, è ben dato riscontrare la colpa dell’amministrazione quale chiara negligenza nel proprio operato”.

Sul tema della quantificazione del danno non interviene se non confermando le conclusioni cui era giunto il giudice di primo grado (TAR Piemonte, Sez. II, sentenza n. 262 del 11 marzo 2021). Sull’ammissibilità del risarcimento del danno per l’assessore revocato vi sono due orientamenti differenti.

Il primo ritiene spettante il risarcimento del danno all’assessore revocato in modo illegittimo, indirizzo che sembrava divenire minoritario.

Il secondo orientamento esclude il diritto al risarcimento in quanto l’atto di revoca si caratterizza per la sua ampia discrezionalità. Proprio tale discrezionalità consente di ritenere illegittimo il provvedimento in casi eccezionali e per motivi formali. L’eventuale illegittimità dell’atto di revoca, però, non impedisce al sindaco di rinnovare il provvedimento emendandolo dai vizi formali dei quali eventualmente sia affetto. In altri termini, secondo il giudice amministrativo la sussistenza di un vizio meramente formale, quale può essere ad esempio il difetto di motivazione, non impedisce la possibilità di emettere un nuovo atto di revoca da parte del sindaco, munito di una sintetica motivazione riferita al venir meno del rapporto fiduciario fra sindaco e assessore. Per tale ragione, non sussistendo un diritto a mantenere la carica di assessore in difetto del rapporto fiduciario con il sindaco, si ritiene che in caso di revoca illegittima difetti l’ingiustizia del danno, che costituisce uno dei presupposti per la responsabilità risarcitoria (per un’applicazione di tale principio si veda il precedente articolo Le sentenze più recenti sugli atti di revoca degli assessori e sull’eventuale diritto al risarcimento del danno in caso di illegittimità degli stessi).

Il giudice di primo grado, le cui conclusioni sono state ritenute meritevoli di conferma dal Consiglio di Stato nella sentenza in commento, aveva ritenuto sussistere il danno per l’assessore illegittimamente revocato sia sotto l’aspetto patrimoniale (indennità non percepite) sia sotto l’aspetto non patrimoniale, nell’accezione della violazione dell’immagine politica del ricorrente, danno determinato in via equitativa.

Appare utile riportare i passaggi della sentenza di primo grado nella parte relativa al risarcimento del danno all’immagine politica.

Il ricorrente allega altresì di aver subito, in conseguenza dell’illegittimo provvedimento di revoca, un pregiudizio di natura non patrimoniale sub specie di danno all’immagine, stante il clamore mediatico generatosi dalla vicenda sub iudice non solo nell’ambito del Comune, stante la notorietà politica del ricorrente, ma anche nell’intera Provincia. E ciò anche in considerazione della strumentalità dell’operazione che avrebbe condotto ‘all’eliminazione di una “voce scomoda”’, comprovata dal rientro e dalla permanenza in giunta dell’assessore dimessosi il giorno stesso della nomina del ricorrente, di cui quest’ultimo avrebbe dovuto prendere il posto. “Al riguardo, può ritenersi sufficientemente comprovata la risonanza mediatica della vicenda in esame e i conseguenti risvolti negativi per il ricorrente, come dimostrano i plurimi articoli di stampa versati in atti e che, peraltro, hanno sollevato palesi dubbi di strumentalizzazione dell’esercizio del potere sindacale esercitato nella fattispecie. Il pregiudizio patito dal ricorrente, dunque, deve ritenersi risarcibile sub specie di danno non patrimoniale, ai sensi dell’art. 2059 c.c., norma a cui è riconducibile, secondo l’insegnamento tracciato dalle Sezioni Unite della Corte di Cassazione con la sentenza n. 26792/2008, la lesione di diritti inviolabili della persona, come l’onore e la reputazione, riconosciuti e garantiti dall’art. 2 della Costituzione”.

Ancora, “Quanto alla misura del danno non patrimoniale ex art. 2059 c.c., occorre procedere alla sua liquidazione in via equitativa ai sensi dell’art. 1226 c.c., non essendo possibile provare l’ammontare preciso del pregiudizio subito. Al riguardo, il Collegio ritiene congrua la somma di euro 2.500,00, tenuto conto che il pregiudizio all’immagine politica del ricorrente, compromessa dal clamore mediatico negativo conseguente alla repentina revoca dello stesso dalle cariche amministrative conferitegli, potrà trovare ristoro dalla speculare diffusione della presente sentenza”.

Redazione

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