La fatturazione elettronica nei confronti degli enti pubblici – obbligatoria a partire dal 31 marzo prossimo – comporta profonde modificazioni nella struttura organizzativa e nei comportamenti concreti da adottare nelle prossime settimane.
Le amministrazioni interessate – recentemente individuate dalla circolare 1/15 del Dipartimento delle Finanze in tutte le amministrazioni pubbliche, diverse dai ministeri, dalle agenzie fiscali e dagli enti di previdenza (per i quali l’obbligo è già scattato il 6 giugno 2014) ma incluse quelle individuate come amministrazioni locali nell’elenco pubblicato ogni anno dall’Istat – stanno in questi giorni ultimando il censimento dei contratti in essere, i cui estremi vanno comunicati ai fornitori insieme ai relativi Uffici di destinazione delle fatture Pa.
Rispetto alla scadenza del 31 marzo, poi, occorrerà valutare con attenzione tutta una serie di situazioni in cui – ad oggi – il pagamento ha preceduto la fattura: contratti che prevedono il pagamento prima della fattura, «Sal» pagati sulla base dei documenti controfirmati dai tecnici, avvisi di parcelle di professionisti, pagamenti di abbonamenti, di inserzioni e così via.
Situazioni del genere non potranno più ripetersi, dal momento che lo stesso articolo 1, comma 210 della 244/07 dispone che le pubbliche amministrazioni non potranno né accettare fatture cartacee, né effettuare alcun pagamento, neppure parziale, sino all’invio della fattura elettronica. A questo proposito, con riferimento alle fatture emesse in forma cartacea a tutto il 30 marzo prossimo, la circolare 1/14 del Dipartimento delle Finanze ha precisato che il relativo pagamento potrà avvenire anche oltre la scadenza del 30 giugno 2015, in un primo tempo fissata dall’articolo 6 del Dm 55/13 come termine ultimo di pagamento.
A livello organizzativo, l’obiettivo di base delle pubbliche amministrazioni resta quello di avvicinare quanto più possibile le fatture agli uffici incaricati della loro liquidazione. A tale risultato si può giungere attraverso l’attivazione di diversi uffici di destinazione delle fatture Pa, oppure attraverso il ricorso ad altri driver – quali il Cig, il Cup, l’ordine di acquisto, il numero di impegno – in grado di smistare in modo efficiente le fatture (già) pervenute all’unico ufficio di fatturazione elettronica centrale dell’ente.
L’ufficio – o gli uffici – di destinazione delle fatture Pa vanno poi presi in considerazione a proposito della piattaforma per la certificazione dei crediti (Pcc). A partire dal 31 marzo, in effetti, le fatture Pa acquisite dal Sistema di Interscambio verranno automaticamente caricate sulla Pcc, che evidenzierà la data di invio e di ricevimento di ogni fattura nonché le eventuali notifiche di esito negativo.
Si renderà a questo punto necessario associare i codici ufficio Pcc (a suo tempo individuati dall’ente pubblico per la gestione delle fatture) al codice (o ai codici) ufficio di fatturazione elettronica; l’abbinamento può essere effettuato attraverso la funzione messa a disposizione dal sito della piattaforma. Da segnalare che non è consentito che ad uno stesso codice ufficio Ipa corrispondano più codici Pcc.
Quanto alla gestione delle fatture Pa sotto il profilo fiscale, si renderà necessaria l’attivazione di nuovi registri sezionali Iva. In base alla circolare 36/06, in effetti, qualora il contribuente (la pubblica amministrazione, nel nostro caso) conservi con modalità elettroniche le sole fatture elettroniche, viene consentita la conservazione con modalità tradizionali delle fatture cartacee, a condizione che queste ultime siano annotate in un apposito sezionale sulla base di una specifica numerazione cronologica progressiva. A dire il vero, la circolare 36/06 va anche oltre, là dove precisa che, in caso di compresenza di fatture elettroniche e cartacee, per ogni singolo cliente o fornitore si deve adottare un’unica modalità di conservazione per l’intero periodo d’imposta in modo che le fatture emesse o ricevute risultino annotate tutte nello stesso registro. Il che costringerebbe tutte le pubbliche amministrazioni a conservare in formato elettronico tutte le fatture cartacee (d’acquisto o di vendita) registrate nel 2015; alla luce del nuovo scenario normativo l’indicazione appare tuttavia superata.
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