Mentre si iniziano a diradare i dibattiti sull’esito del voto e a chiarire le ricadute operative del cambio di Governo previsto entro Natale, cresce esponenzialmente l’allarme sindacale sull’ipotesi che si blocchi sul nascere il percorso appena delineato per arrivare al rinnovo del contratto con gli 85 euro di aumenti medi (Leggi l’articolo Ok all’accordo per il rinnovo dei contratti per il Pubblico Impiego). Proprio per tale motivo ieri le tre sigle confederali hanno ribadito il valore generale dell’accordo, i cui contenuti non sono formalmente vincolati all’esistenza del governo caduto sul referendum.
Esistono tuttavia ostacoli non da poco ora che il Governo è, di fatto, caduto. Al di là del grado di continuità, che si comprenderà solo nei prossimi giorni, fra l’esecutivo Renzi e quello che sostituirà, c’è il fatto che l’intesa può diventare operativa solo se il Testo Unico del pubblico impiego, attuativo della riforma Madia, arriverà al traguardo della prima approvazione entro la scadenza della delega fissata per febbraio.
In quella sede dovrebbe infatti essere modificata la riforma Brunetta, mediante un cambio di regole per dare più flessibilità ai parametri di distribuzione dei premi di produttività e più voce in capitolo alla contrattazione. Impresa non semplice, che ha bisogno dell’intesa con gli enti territoriali. Non resta che attendere l’esito di questa complicata settimana per comprendere come si concluderà la questione.
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