Nel 2012 le fonti rinnovabili ci hanno fatto risparmiare oltre 1,4 miliardi di euro sulla bolletta elettrica, solo grazie all’energia del sole, che raggiunge la sua massima potenza negli orari di punta dei consumi, quando tutti sono al lavoro e l’industria produce a pieno ritmo.
Il calcolo, che già l’anno scorso aveva stimato un vantaggio di quasi 400 milioni per il sistema, è contenuto nell’Irex Annual Report 2013 di Althesys, sull’evoluzione del settore delle rinnovabili italiane. Per quantificare l’effetto calmierante del solare, che viene immesso in rete a costo zero, basta rilevare la differenza fra il prezzo dell’energia nelle ore «solari» e in quelle «non solari» durante le fasi di picco dei consumi (nelle altre fasce, ad esempio la domenica, l’effetto si percepisce di meno) e metterli a confronto. Anche la produzione eolica viene immessa in rete a costo zero e quindi contribuisce alla riduzione del prezzo, ma non essendo legata a orari precisi è più difficile quantificarne gli effetti. «Nel 2012 il risparmio stimabile è stato di almeno 1,42 miliardi di euro», spiega Alessandro Marangoni, amministratore delegato di Althesys e capo del team di ricerca.
Picchi meno ripidi
Gli esperti lo chiamano peak shaving, che letteralmente vuol dire appiattimento del picco ed è un effetto comune a tutti i mercati dove c’è una forte componente di fonti rinnovabili, come l’Italia, la Spagna o la Germania. In questi mercati, gli operatori elettrici che si basano sulle fonti fossili sono talmente in difficoltà, che tendono ad alzare i prezzi nelle ore «non solari». Di conseguenza, l’anno scorso si è verificata un’inversione di tendenza dei prezzi nelle ore serali – quando le fonti fossili la fanno da padrone – che ha comportato un maggiore onere di 586 milioni di euro. Quindi, per fare una valutazione prudenziale del beneficio del peak shaving, bisogna sottrarre i 586 milioni di rialzo dei prezzi serali da 1,42 miliardi risparmiati nelle ore diurne, ottenendo un vantaggio netto di 838 milioni di euro.
Ma questa è solo una delle ricadute positive della crescita delle fonti rinnovabili in Italia. L’anno scorso il settore è arrivato a coprire il 28% dei consumi elettrici, con oltre 600 mila impianti sparsi su tutto il territorio nazionale. L’idroelettrico copre ancora quasi metà della produzione da rinnovabili (43 terawattora) e il restoè abbastanza equamente distribuito tra fotovoltaico (18 terawattora), eolico (13) e biomasse (12), oltre a un contributo più modesto del geotermico (5).
Da qui al 2030, secondo Marangoni, i benefici complessivi derivanti dallo sviluppo del settore, alla luce della fine degli incentivi per il fotovoltaico e dei nuovi sistemi di sostegno per l’eolico, supereranno i costi per una cifra compresa fra i 19 e i 49 miliardi, a seconda dell’evoluzione minima o massima delle installazioni. Il target previsto nella Strategia energetica nazionale, infatti, punta a coprire il fabbisogno di energia nel 2020 con una quota di produzione da fonti rinnovabili fra il 35 e il 38%.
Il bilancio
Le voci che pesano sulle rinnovabili sono, ovviamente, gli incentivi (221-238 miliardi) e i costi delle carenze infrastrutturali. Le voci di beneficio considerate, invece, sono gli effetti sull’occupazione, la riduzione delle emissioni di CO2, l’indotto e gli effetti sul Pil, la protezione dai rischi d’impennata dei prezzi petroliferi e la riduzione del prezzo dell’elettricità.
«Le ricadute occupazionali e gli effetti sul Pil sono le principali voci positive del bilancio», ricorda Marangoni, che ha quantificato in 85-96 miliardi i benefici sul fronte del mercato del lavoro e in 28-33 miliardi gli effetti sul Pil. La riduzione delle emissioni di CO2 (con un valore finanziario da 76 a 98 miliardi) e la riduzione del prezzo dell’elettricità (41-47 miliardi) sono gli altri effetti positivi più importanti del bilancio di lungo periodo.
Dall’analisi delle operazioni 2012, precisa Marangoni, «emerge la fotografia di un settore che continua a crescere, sebbene in misura minore rispetto al 2011». Nell’ultimo anno ci sono stati 10,1 miliardi di euro di investimenti e 7.729 megawatt di potenza nuova installata.
«Da un lato c’è stata una forte accelerazione dell’eolico, per realizzare i progetti prima dell’entrata in vigore del nuovo sistema di incentivazione, meno generoso di quello precedente. Dall’altro lato è cresciuta l’espansione delle nostre imprese all’estero», fa notare Marangoni. Gli investimenti italiani fuori dai confini nazionali sono saliti, infatti, del 55% rispetto al 2011.
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