Il Senato ha approvato il d.d.l. con le riforme costituzionali con 180 sì, 112 no e 1 astenuto. La parola passa alla Camera per l’approvazione definitiva.
La maggioranza che sostiene il governo Renzi non sarebbe riuscita da sola ad approvare il d.d.l. Boschi per il quale era necessaria la maggioranza assoluta di 161 voti. Sfogliando i tabulati si legge infatti che hanno detto sì alla riforma anche 2 senatori di FI (Bocca Bernabò e Riccardo Villari), 17 verdiniani e 3 esponenti tosiani di “Fare”. E se ai 180 sì raggiunti in Aula si tolgono 17 più 3 più 2 si arriva a 158. A questo si aggiunga il no al testo del Dem Walter Tocci.
Intervenendo nell’Aula del Senato Matteo Renzi rivolgendosi ai Senatori ha detto: “Il gesto” di acconsentire “con un voto a maggioranza assoluta” al superamento del Senato “non ha eguali non nella storia italiana, ma in quella della storia Ue”. E ha aggiunto, “La storia politica italiana si occuperò di questa giornata e la storia sarà gentile con voi. Il Paese vi deve una gratitudine istituzionale”.
“In questi anni, cari senatori che avete votato questa riforma, vi hanno urlato dietro: fate le riforme al chiuso delle stanze ma il popolo non è con voi. Bene, andiamo a vedere da che parte sta il popolo su questa riforma. Vediamo se i cittadini la pensano come coloro i quali scommettono sul fallimento o su chi scommette sul futuro dell’Italia”, ha detto il premier prima del voto sulla riforma costituzionale, parlando del referendum confermativo.
“Se perdessi il referendum considererei conclusa la mia esperienza perché credo profondamente nel valore della dignità della cosa pubblica”, ha poi ribadito Renzi. “In due anni – ha aggiunto – non riesco a contare il numero delle volte in cui vi abbiamo chiesto la fiducia, in questo forse abbiamo esercitato un record non positivissimo” ma “la cosa bella è che non ce l’avete mai negata”. “Sfatiamo la favola che si è raccontata – ha aggiunto – non sono i fattori esterni a far ripartire l’Italia ma il fatto che finalmente si è rimesso in moto il meccanismo delle riforme. L’Italia riparte se si rimettono in moto i consumi interni e la fiducia della gente”. “Altro che fuga dall’euro, l’Europa è una grande occasione” se abbandona la strada “dell’austerity” e “imbocca la strada” della flessibilità.
La riforma modifica e completa quella del Titolo V del marzo del 2001, che ha introdotto il federalismo. Ecco l’abc del provvedimento:
CAMERA – Sarà l’unica Assemblea legislativa e anche l’unica a votare la fiducia al governo. I deputati rimangono 630 e verranno eletti a suffragio universale, come oggi.
SENATO – Continuerà a chiamarsi Senato della Repubblica, ma sarà composto da 95 eletti dai Consigli Regionali (21 sindaci e 74 consiglieri-senatori), più cinque nominati dal Capo dello Stato che resteranno in carica per 7 anni. Avrà competenza legislativa piena solo su riforme costituzionali e leggi costituzionali. Potrà chiedere alla Camera la modifica delle leggi ordinarie, ma Montecitorio non sarà tenuta a dar seguito alla richiesta. Su una serie di leggi che riguardano il rapporto tra Stato e Regioni, la Camera potrà non tener conto delle richieste del Senato solo respingendole a maggioranza assoluta.
LEGITTIMAZIONE POPOLARE – È la novità introdotta in Senato su richiesta della minoranza Pd. Saranno i cittadini, al momento di eleggere i Consigli Regionali a indicare quali consiglieri saranno anche senatori. I Consigli ratificheranno la scelta.
SENATORI-CONSIGLIERI: I 95 senatori saranno ripartiti tra le Regioni in base al loro peso demografico. I Consigli Regionali eleggeranno con metodo proporzionale i senatori tra i propri componenti; uno per ciascuna Regione dovrà essere un sindaco.
IMMUNITA’: I nuovi senatori godranno delle stesse tutele dei deputati. Non potranno essere arrestati o sottoposti a intercettazione senza l’autorizzazione del Senato.
TITOLO V: Sono riportate in capo allo Stato alcune competenze come energia, infrastrutture strategiche e sistema nazionale di protezione civile. Su proposta del governo, la Camera potrà approvare leggi nei campi di competenza delle Regioni, “quando lo richieda la tutela dell’unita’ giuridica o economica della Repubblica, ovvero la tutela dell’interesse nazionale”.
VOTO IN DATA CERTA: i regolamenti parlamentari dovranno indicare un tempo certo per il voto dei ddl del governo; vengono introdotti altri limiti al governo sui decreti legge.
PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA: Lo eleggeranno i 630 deputati e i 100 senatori (via i rappresentanti delle Regioni previsti oggi).
Per i primi tre scrutini occorrono i due terzi dei componenti, poi dal quarto si scende ai tre quinti; dal settimo scrutinio sarà sufficiente la maggioranza dei tre quinti dei votanti (oggi il quorum è più basso, maggioranza assoluta degli aventi diritto dalla quarta votazione in poi).
CORTE COSTITUZIONALE: Cinque dei 15 giudici Costituzionali saranno eletti dal Parlamento: 3 dalla Camera e 2 dal Senato.
REFERENDUM: Introdotto un quorum minore per i referendum sui quali sono state raccolte 800.000 firme anziché 500.000: per renderlo valido dovranno votare la metà degli elettori delle ultime elezioni politiche, anziché la metà degli iscritti alle liste elettorali.
DDL DI INIZIATIVA POPOLARE: Salgono da 50.000 a 150.000 le firme necessarie per presentare un ddl di iniziativa popolare.
Però i regolamenti della Camera dovranno indicare tempi precisi di esame, clausola che oggi non esiste.
LEGGE ELETTORALE – Introdotto il ricorso preventivo sulle leggi elettorali alla Corte Costituzionale su richiesta di un quarto dei componenti della Camera. Tra le norme transitorie c’è anche la possibilità di ricorso preventivo già in questa legislatura, quindi l’Italicum, se fosse approvato, potrebbe finire subito davanti alla Corte Costituzionale.
PROVINCE – Vengono cancellate dalla Costituzione, atto necessario per abrogarle definitivamente.
CNEL – Abrogato il Consiglio nazionale economia e Lavoro, organo costituzionale secondo la Carta del 1948.
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