Riforma Madia, rivoluzione in vista per le partecipate

La bozza di decreto attuativo, in discussione nel C.d.M. del 15 gennaio, introduce il regime della crisi d’impresa. Previste già 2000 partecipate in meno nel primo anno

7 Gennaio 2016
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Drastica sforbiciata, con chiusura, liquidazione o fusione, per le società partecipate in rosso o inattive, ma anche per quelle che per tre anni consecutivi abbiano registrato un fatturato medio sotto il milione di euro. È questa una delle norme-chiave del decreto attuativo della riforma Madia dedicato specificamente alla rivoluzione delle aziende pubbliche locali e nazionali, che sarà discusso il 15 gennaio prossimo dal Consiglio dei Ministri.
A una serie di norme rivolte a disciplinare per la prima volta anche la crisi di impresa nelle partecipate, i cui indicatori fondamentali di rischio saranno definiti in un provvedimento ministeriale ad hoc, si aggiunge una drastica riduzione di poltrone e stipendi.

il testo della bozza di decreto sulle partecipate

L’obiettivo dichiarato del provvedimento è quindi quello di passare dalle attuali 8mila società a non più di mille attraverso due strade: tutte le amministrazioni avranno sei mesi per effettuare una ricognizione e individuare quelle che devono essere eliminate entro un anno, poi, ogni anno, con una sorta di regulatory review, tutte le amministrazioni dovranno effettuare un’analisi delle partecipazioni attive, predisporre un piano di riassetto e procedere ad accorpamenti, liquidazioni o cessazioni, di quelle partecipate pubbliche che, per 3 anni consecutivi, abbiano registrato un fatturato medio sotto 1 milione.

Entro un anno dal varo del decreto dovrebbero essere cancellate già duemila società. Oltre a quelle che negli ultimi tre anni non abbiamo mai fatturato più di un milione di euro, saranno cancellate quelle che hanno ridotte finalità cui possono dedicarsi queste imprese (non potranno più operare nella produzione di beni e servizi, per esempio); che non siano Spa o Srl; che siano prive di dipendenti o con un numero di amministratori superiore a quello dei dipendenti; che siano doppioni, cioè partecipate che svolgono le stesse attività già garantite da altre società o enti strumentali.

È percorrendo questa “razionalizzazione periodica” prevista dall’articolo 20 del d.lgs. che si arriverà in pochi anni all’obiettivo dichiarato dal premier: passare da un sistema di circa 8mila società a non più di mille. Con tutte le implicazioni sul personale dipendente, visto che ad essere coinvolti sarebbero non meno di 300mila addetti.

La bozza di decreto, infatti, prevede esplicitamente l’applicazione alle società partecipate delle regole su mobilità e cassa integrazione scritte nella legge n. 223 del 1991 e quelle sugli ammortizzatori sociali introdotte dal decreto legislativo 22 che l’anno scorso ha attuato su questo versante il Jobs Act. Il tentativo, insomma, è quello di avvicinare il più possibile le società pubbliche alle aziende private, con tanto di applicazione delle regole sulle crisi d’impresa e della legge fallimentare.

il testo della bozza di decreto sulle partecipate

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