Riforma Madia: ma è davvero tutto da rifare dopo l’intervento della Consulta?

Una analisi delle conseguenze della pronuncia della Corte Costituzionale sui decreti da emanare e su quelli già emanati

6 Dicembre 2016
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di Donato Antonucci – Avvocato amministrativista

Alcuni dei primi commenti alla decisione della Corte Costituzionale n. 251 dello scorso 25 novembre hanno proclamato il “fallimento della Riforma Madia”, ma la pronuncia certamente non travolge l’intera legge n. 124/2015, né tutti i decreti già emanati in sua attuazione [vedi riquadro in basso, ndr]. La Consulta, peraltro, non affronta il merito delle scelte legislative della delega, ma pone un problema di metodo, concernente l’iter formativo dei decreti delegati.

Sintesi dei contenuti
La sentenza evidenzia preliminarmente che le disposizioni esaminate intervengono in distinti settori e coinvolgono varie materie, rispetto alle quali è innanzitutto necessario verificare se ve ne sia una di competenza statale da ritenersi prevalente, poiché ciò escluderebbe in radice la violazione delle competenze regionali. Per contro, laddove questo non risulti possibile e si delinei una concorrenza di competenze statali e regionali in materie tra loro “inestricabilmente connesse”, il legislatore statale è tenuto a rispettare il principio di leale collaborazione (ex artt. 5 e 120, Cost.), attraverso adeguati strumenti di coinvolgimento delle Regioni e degli Enti locali, sorgendo così la necessità del ricorso all’intesa (ex art.3,  d.lgs. n. 281/1991). Quest’ultima, secondo la Corte, si impone ”quale cardine della leale collaborazione anche quando l’attuazione delle disposizioni dettate dal legislatore statale è rimessa a decreti legislativi delegati, adottati dal Governo sulla base dell’art. 76 Cost.”.

Sulla base di questa premessa, la Corte ha quindi affermato l’infondatezza della questione di legittimità costituzionale delle disposizioni recanti la delega per la modifica e l’integrazione del Codice dell’amministrazione digitale (art. 1), sia perché queste rientrano, in maniera prevalente, nella competenza statale in materia di “coordinamento informativo statistico e informatico dei dati dell’amministrazione statale, regionale e locale” (ex art. 117, co. 2, lett. r), Cost.), sia in quanto assolvono “all’esigenza primaria di offrire ai cittadini garanzie uniformi su tutto il territorio nazionale, nell’accesso ai dati personali, come pure ai servizi, esigenza che confina anche con la determinazione di livelli essenziali delle prestazioni” (ex art. 117, co. 2, lett. m), Cost.).

Viceversa, la Consulta ha ritenuto costituzionalmente illegittime le ulteriori norme sottoposte al suo esame nella parte in cui è stato previsto che la forma di coinvolgimento delle Regioni e degli Enti locali in sede di adozione dei decreti attuativi fosse quella del “parere”, che viene reso a maggioranza, anziché della “intesa”, per la quale è invece necessaria l’unanimità.

In particolare, lo strumento dell’intesa, da raggiungere in sede di Conferenza Stato-Regioni, è stato ritenuto necessario con riferimento alle previsioni relative alla dirigenza pubblica ed alla nomina dei dirigenti apicali delle aziende sanitarie (art.11), nonché a quelle riguardanti il pubblico impiego (artt. 16 e 17), mentre in sede di Conferenza Unificata Stato-Regioni-Autonomie locali l’intesa ha ad oggetto le disposizioni concernenti il riordino delle società partecipate (artt. 16 e 18) e della disciplina dei servizi pubblici locali (artt. 16 e 19).

Si ricorda che la formula “anziché” adoperata dalla sentenza, consente di inquadrarla tra quelle c.d. “manipolative” di tipo sostitutivo, avendo, appunto, l’effetto di sostituire un frammento di norma con un altro. Da ciò discende che nella legge n.124/2015 il termine “parere” deve oggi intendersi sostituito dalla parola “intesa”.

Le conseguenze sui decreti da emanare e già emanati
L’intervento della Consulta ha avuto l’effetto di far decadere i due provvedimenti riguardanti la dirigenza pubblica ed i servizi pubblici locali, approvati dal Governo in via definitiva a pochi giorni dalla scadenza del termine per la loro pubblicazione. La nuova delega potrà limitarsi a stabilire un nuovo termine per l’emanazione dei prossimi decreti, anche senza modificare il testo delle norme dichiarate incostituzionali e prevedere espressamente il ricorso all’intesa, poiché questa già consegue alla formula adoperata nella sentenza sostitutiva.

La decisione della Corte, inoltre, non spiega effetto immediato sugli altri tre decreti già emanati in attuazione delle disposizioni ritenute illegittime, cioè quelli relativi alla dirigenza sanitaria (d.lgs. n.171/2016), alle società partecipate (d.lgs. n.175/2016) ed ai licenziamenti disciplinari (d.lgs. n.116/2016).

La sentenza, infatti, non contiene alcuna statuizione circa la loro illegittimità costituzionale consequenziale (ex art.27, l.n.87/1953), onde gli stessi rimangono formalmente in vigore.

Al contrario, si specifica che le pronunce di illegittimità costituzionale “sono circoscritte alle disposizioni di delegazione della legge n. 124 del 2015, oggetto del ricorso, e non si estendono alle relative disposizioni attuative”. Viene inoltre precisato che nel caso di una loro eventuale impugnazione, verosimilmente in un giudizio di rinvio, “si dovrà accertare l’effettiva lesione delle competenze regionali”; e ciò “anche alla luce delle soluzioni correttive che il Governo riterrà di apprestare al fine di assicurare il rispetto del principio di leale collaborazione”.

È dunque la stessa Corte che, implicitamente, fornisce indicazioni operative per intervenire sui decreti già emanati e per i quali il Governo, senza necessità di ulteriore delega, ha la possibilità di adottare disposizioni integrative e correttive entro dodici mesi dalla loro entrata in vigore (ex artt. 11, c.3 e 16 c.7, L. n.124/2015). Vi sarebbe quindi la possibilità di riadottare testi del tutto simili ai precedenti, previa acquisizione dell’intesa, andando a disciplinare anche gli effetti giuridici eventualmente prodottisi nella vigenza del decreto precedente.

Ciò, peraltro, sempre ché sia possibile configurare una “effettiva lesione” delle competenze regionali, in ragione della materia disciplinata dal provvedimento.

In particolare, si dubita che una tale lesione possa ricorrere nel d.lgs. n.116/2016, il c.d. decreto sui “furbetti del cartellino”, alla luce dei suoi specifici contenuti e dei ristetti limiti entro cui la delega è stata concretamente esercitata, rispetto ai quali non pare configurabile alcuna competenza regionale residuale, neanche in tema di organizzazione degli uffici.

Sul punto, infatti, è la stessa Corte a ricordare che “le disposizioni impugnate incidono in parte in ambiti riconducibili alla competenza dello Stato, in specie ove dettano indicazioni inerenti al rapporto di lavoro dei dipendenti, anche regionali e degli enti locali, ormai privatizzato e dunque soggetto alle norme dell’ordinamento civile di spettanza esclusiva del legislatore statale…; ove regolano il regime di responsabilità, egualmente riconducibile all’ordinamento civile…”.

In tal senso, eventuali procedimenti disciplinari avviati sulla base delle nuove previsioni in tema di assenteismo fraudolento introdotte nell’art. 55-quater del d.lgs. n.165/2001 non vengono “travolti” dalla sentenza n. 251/2016 ed appare difficile ipotizzare l’incostituzionalità della norma proprio in considerazione di quanto affermato dalla Consulta.

Consulta anche l’approfondimento intitolato Furbetti del cartellino: l’impatto della dichiarazione di incostituzionalità e la rilevanza penale dell’elusione della presenza in ufficio.

Le norme della L. 124/2015 dichiarate illegittime I provvedimenti interessati
art.16 – procedure e criteri per l’esercizio delle deleghe  
art.11, co. 1, lett. p) – Dirigenti ASL d.lgs. n. 171/2016
art.17, co. 1, lett. s) – procedimento disciplinare d.lgs. n. 116/2016
art.18 – riordino società partecipate d.lgs. n. 175/2016
art.11 – riordino dirigenza pubblica non pubblicato
art.19 – riordino servizi pubblici locali non pubblicato
Le norme della L. 124/2015 non toccate dalla sentenza I provvedimenti emanati
art.1 –  P.A. digitale – modifiche C.A.D. d.lgs. n. 179/2016
art.2 – Conferenza di Servizi d.lgs. n. 127/2016
art.4 – Semplificazione e accelerazione procedimenti amministrativi D.P.R. n. 194/2016
art.5 – SCIA 1 d.lgs. n. 176/2016
art.5 – SCIA 2 d.lgs. n. 222/2016
art.7 – FOIA e anticorruzione d.lgs. n. 97/2016
art.8 – Forze di Polizia d.lgs. n. 177/2016
art.8 – Autorità portuali d.lgs. n. 169/2016
art.10 – Camere di Commercio d.lgs. n. 219/2016
art.13 – Enti di Ricerca d.lgs. n. 218/2016
art.20 – Corte dei Conti – codice della giustizia contabile d.lgs. n. 174/2016
art.21 – Modifica e abrogazione di disposizioni di Legge d.lgs. n. 10/2016

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