Riforma dirigenza PA, arriva l’’alt della Conferenza Unificata: rinviato il parere sul decreto attuativo

Le dichiarazioni di Di Primio (ANCI): “Persistono criticità, inammissibili piante organiche calate dall’alto”. Il Governo sembrerebbe disponibile a rivedere i punti critici. Prossima riunione il 20 ottobre: i correttivi richiesti dalle amministrazioni territoriali saranno presi in considerazione?

30 Settembre 2016
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Era solo questione di tempo: alla fine il primo alt è arrivato. Da Regioni ed Enti locali è infatti giunta la prima battuta d’arresto nei confronti della (discussa) riforma della dirigenza pubblica. Nella giornata di ieri la Conferenza Unificata ha optato per il rinvio “a data da destinarsi” del parere sul decreto attuativo, previsto dal complessivo disegno di riforma della Pubblica Amministrazione targato Governo Renzi, che delinea in maniera innovativa le regole per i vertici degli uffici. A causare l’inevitabile stop è una serie di richieste di modifiche avanzate da una serie di amministrazioni territoriali.

A chiarire le motivazioni di questo rinvio è il vicepresidente ANCI e delegato al Personale, Umberto Di Primio “Insieme con le Regioni abbiamo chiesto e ottenuto il rinvio del parere sul decreto legislativo che disciplina la dirigenza pubblica negli enti locali. Ci sono ancora aspetti da rivedere, a partire dal fabbisogno di dirigenti che dovrebbe essere definito da un organismo sovracomunale, formato da Funzione pubblica e Ragioneria dello Stato. Riteniamo questa scelta inammissibile e assurda poiché lede e comprime l’autonomia organizzativa degli enti: non è pensabile che un organismo sovracomunale decida quanti dirigenti servono nel mio Comune”.

Per decidere quanti dirigenti servono – ha illustrato Di Primio – è necessario basarsi su criteri quali la dimensione demografica o il rapporto rispetto ai dipendenti. Non possiamo far passare la logica di dover essere autorizzati nel momento che realizziamo la pianta organica dei nostri enti”. Inoltre per il sindaco di Chieti ci sono altre criticità da risolvere, come i dirigenti in disponibilità che, attualmente, hanno contratti di quattro anni più due. “Questo – ha proseguito il rappresentante ANCI – impedisce a chi subentra alla guida del Comune di scegliere in autonomia e seppure si decidesse di rimuovere il dirigente questo rimarrebbe a carico del bilancio del Comune rappresentando, di fatto, un altro impedimento rappresentato dell’aumento di spesa”. 

In ulteriore istanza, un altro nodo da sciogliere per il delegato ANCI concerne la composizione della commissione che dovrebbe poi costituire l’albo dei dirigenti. “Nutriamo molte perplessità – ha rimarcato Di Primio – sia perché i Comuni non sono rappresentati in maniera adeguata sia perché all’interno di questa commissione ci sarebbero, tra gli altri, il presidente dell’ANAC il segretario generale del Ministero degli esteri e il presidente della Conferenza dei rettori: con tutto il rispetto per queste figure, dubito che possano sapere come funziona la macchina organizzativa. Serve quindi un riequilibrio, affinché a scegliere siano figure in possesso di una conoscenza specifica sugli Enti locali”. 

“Il governo – ha pertanto concluso Di Primio – sembra disponibile a rivedere questi punti critici. Ci aggiorneremo nella prossima riunione del 20 ottobre auspicando ci siano i correttivi che abbiamo richiesto”.
La riforma della disciplina della dirigenza PA (approvata in via preliminare in Cdm lo scorso 28 agosto) ha subito numerose critiche dagli addetti ai lavori. Segnaliamo qui il punto di vista dei nostri autori: Riccardo Nobile, La riforma della dirigenza nel ddl governativo in attuazione dell’art. 11 della legge 7.8.2015, n. 124 e Luigi Oliveri, Dirigenti pubblici a chiamata: una precarizzazione che col “merito” ha pochissimo a che vedere.

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